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"Eutanasia": Un Termine Nato Sotto Il Regime Nazista Ed Abusato Nell'Attuale Dibattito Sul Fine Vita. Ricerca Etimologica E Definizione.

29/11/2011  

di Salvatore Vasta

Anestesista-Rianimatore
Responsabile Editoriale Timeoutintensiva OpeNetwork Openproject

segnalazioni@timeoutintensiva.it

Pubblicato: 12 Dicembre 2011, Timeoutintensiva.it, N° 19, Cover, Dicembre 2011


Incipit

L’incipit alla realizzazione di questo articolo lo devo alla lettura dell’ Editoriale “Etica del morire e cure intensive” di Mazzon e Orsi, dove i due autori tentano di dare una definizione del termine “eutanasia”, specie in riferimento al fine vita nelle T.I. Ed affermano: “ […] Far ricadere infatti, come è accaduto di recente sulla stampa, sotto il termine “eutanasia” tutte le modalità “non naturali” di morire e confondere l’eutanasia” con la “desistenza terapeutica” o la “limitazione di trattamenti” in fase terminale, è inappropriato e dannoso, in quanto genera confusione su un terreno ricco di implicazioni emozionali, morali, etiche, sociali e giuridiche... Per “eutanasia”, nell’accezione più appropriata del termine, si deve intendere esclusivamente la soppressione intenzionale della vita di un paziente... Porre sullo stesso piano la cosiddetta “eutanasia passiva” e la “desistenza o limitazione terapeutica”, quest’ultima frequentemente praticata in tutto il mondo nel malato terminale in TI e non solo, è operazione frutto di ignoranza, in senso tecnico, delle nuove modalità del morire in TI e dell’evoluzione concettuale e filologica del termine “eutanasia”. Come conseguenza di questa confusione concettuale e terminologica, la desistenza da cure inappropriate per eccesso, viene infatti talvolta impropriamente giudicata, anche dai medici nel nostro paese, un atto eutanasico... Ciò può avere come infausta conseguenza il fatto che per non commettere ciò che si ritiene erroneamente “eutanasia passiva”, vengano praticate come doverose per il paziente cure che in realtà configurano un accanimento terapeutico, poiché prolungano non la vita bensì l’agonia del paziente stesso. […]”
In accordo con quanto affermato da Mazzon ed Orsi, in quest’articolo, sarà fatto un approfondito excursus dell’interessante “storia etimologica” del termine stesso “eutanasia”.

Introduzione

Il termine "eutanasia" è stato usato inappropriatamente in tanti contesti, sfuggendo alle sue connotazioni storiche, anche per ciò che riguarda il suo presente uso in Olanda e Belgio. Espressioni ridondanti e sinonimi abbondano, come "eutanasia attiva", "eutanasia volontaria" e "morte medico-assistita."
Inoltre, l'eutanasia come definito in questi due sistemi giuridici non è certo sempre applicabile, per la fine delle cure della vita, nelle unità di terapia intensiva, perché la maggior parte dei pazienti in terapia intensiva hanno generalmente perso la capacità di fare richieste coerenti e consapevoli. L'uso piuttosto disinvolto del termine "eutanasia" in questi due sistemi giuridici è notevole, quanto il suo abuso nella storia recente e nell’odierno dibattito su questi temi. Per chiarire meglio questo cattivo uso del termine farò alcune osservazioni e discuterò del contesto storico del termine "eutanasia" per denunciarne il suo cattivo utilizzo per ciò che riguarda le procedure attuali del fine vita.

Definizione di "eutanasia"

"Eutanasia" deriva dalla parola greca ευθανασία, che significa "buona morte" o nella fattispecie, l'agevolazione di una buona morte. Secondo una definizione moderna, "L'eutanasia si verifica quando una persona causa intenzionalmente la morte di un'altra persona, motivata dal desiderio di promuovere il meglio per la persona che muore, e praticata con i mezzi più dolci che sono disponibili per giungere a questo fine." Per "buona morte", si intende la "fine della vita senza dolore, ma con il paziente confortato, sereno, assicurandogli dignità e rispetto, nonché la vicinanza alla famiglia".

Nascita del termine "eutanasia"

Il filosofo inglese Francis Bacon introdusse il termine "eutanasia" nelle lingue moderne occidentali nel saggio Progresso della conoscenza (Of the Proficience and Advancement of Learning, 1605). In questo testo, Bacon invitava i medici a non abbandonare i malati inguaribili, e ad aiutarli a soffrire il meno possibile. Non vi era però, nell'idea di Bacon, il concetto esplicito di dare la morte. Allo stesso termine "eutanasia" Bacon attribuiva solo il significato etimologico di "buona morte" (morte non dolorosa); lo scopo del medico doveva essere quello di far sì che la morte (comunque sopraggiunta in modo "naturale") fosse non dolorosa.

Il termine iniziò ad avere corso comune a partire dalla fine del XIX secolo, a indicare un intervento medico tendente a porre fine alle sofferenze di una persona malata. In tale periodo emerse esplicitamente il concetto di "uccisione per pietà" (talora - anche se non sempre - identificabile con la fattispecie dell'omicidio del consenziente) come pratica non riprovevole in linea di principio.

L'eutanasia nell'antichità

La questione della correttezza morale della somministrazione della morte è un tema controverso fin dagli albori della medicina. Nel Giuramento di Ippocrate (circa 420 a.C.) si legge: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.” D'altra parte, nel mondo classico, in determinate condizioni, il suicidio (e l'assistenza allo stesso) era spesso considerato con rispetto. Simili indicazioni etiche e deontologiche si possono rintracciare nel primo corpus legislativo della storia, il Codice di Hammurabi. Nell'Antico Testamento viene citato il caso di un suicidio assistito: quello di Saul (II Samuele 1,6-10) (Vedi Nota 1): un soldato uccide Saul su sua richiesta; ma David in seguito condanna quel soldato a morte per omicidio.


Eugenetica e igiene razziale nel tardo XIX secolo e all'inizio del ventesimo secolo

Nel XIX secolo, la teoria di Darwin dell'evoluzione dell'uomo ("L'origine delle specie", 1859) aveva introdotto, tra gli altri, i principi di adattamento e di selezione. Presto questo fortuito meccanismo naturale di selezione da lui descritto, si trasformò in un processo di selezione fatto dagli uomini, il così detto "darwinismo sociale", in particolare rappresentato da Herbert Spencer, che aveva effettivamente coniato la frase "sopravvivenza del più adatto." Il “darwinismo sociale" fu una elitaria convinzione la cui teoria era che i ricchi ed i potenti, erano meglio adattati alle circostanze sociali ed economiche del tempo, rispetto ai meno fortunati e potenti. Questa convinzione è stata usata per giustificare lo sfruttamento delle sottopopolazioni svantaggiate, nonché i programmi di attuazione dell’Eugenetica.

Il Movimento Eugenetico, popolare negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei agli inizi del XX secolo, è stato rappresentato da un gruppo piuttosto eterogeneo di scienziati, medici famosi e sociologi. Essi condividevano l'idea darwiniana della selezione naturale, per provare a selezionare esseri umani migliori, di cui conservare i "geni buoni", mentre dall’altra parte si doveva attuare la rimozione dei "geni indesiderati" o non buoni, dalla popolazione. Alcuni scienziati, la minoranza, optarono per quella che chiamavano “la selezione positiva”. Una maggioranza, invece, optò per l'applicazione di strumenti di selezione “negativi”, per aiutare la natura a selezionare una società migliore. Questi strumenti consistevano in una (forzata) sterilizzazione, nell’ isolamento, nell'aborto, e anche nell’ "eutanasia" di coloro che si pensa portassero materiale genetico indesiderabile.

Alfred Ploetz aveva introdotto il termine di "igiene razziale" (Rassenhygiene) nel 1895, come fosse la traduzione del termine tedesco che sta per eugenetica. L’ igiene razziale avrebbe dovuto bilanciare l'igiene personale e sociale, ma venne spostata l’attenzione dall'individuo e dall'ambiente, verso il pool genico della società. Spesso la popolazione tedesca è stata equiparata ad un organismo vivente, e "i geni indesiderati" sono stati identificati con i “parassiti” della società stessa che dovevano essere eliminati. Nel corso del tempo i sostenitori della igiene razziale in Germania si concentrarono sempre più sulla “selezione” di una razza superiore, la razza “ariana”, e l'idea fissa risultante fu che la razza tedesca aveva bisogno di essere liberata degli elementi razziali estranei.

Ma nonostante le dichiarazioni sempre più militanti del movimento d'igiene razziale, a livello nazionale in Germania, durante la Repubblica di Weimar (1918-1933) non vennero mai attuati programmi di eugenetica. Questo brusco cambiamento si ebbe quasi subito sotto il regime nazista. Nel 1920 apparve un libro dal titolo "L'autorizzazione all'eliminazione delle vite non più degne di essere vissute". Gli autori erano Alfred Hoche (1865-1943), uno psichiatra e Karl Binding (1841-1920) un giurista.

Hoche e Binding di fatto svilupparono un concetto di "eutanasia sociale". Il malato incurabile, secondo i due, era da considerarsi non soltanto portatore di sofferenze personali ma anche di sofferenze sociali ed economiche.

Da un lato il malato provocava sofferenze nei suoi parenti e - dall'altro - sottraeva importanti risorse economiche che sarebbero state più utilmente utilizzate per le persone sane. Lo Stato dunque - arbitro della distribuzione delle ricchezze - doveva farsi carico del problema che questi malati rappresentavano. Ucciderli avrebbe così ottenuto un duplice vantaggio: porre fine alla sofferenza personale e consentire una distribuzione più razionale ed utile delle risorse economiche.
Le teorie sviluppate negli anni Venti aprirono per certi versi una sorta di "breccia" nella comunità scientifica tedesca. Il concetto di "eutanasia di Stato" divenne una questione lecita di dibattito.

Tuttavia la motivazione economica non appariva ancora sufficiente per passare dalla teorizzazione alla pratica della soppressione delle "vite indegne di essere vissute". Il nazismo avrebbe completato le teorie "economiche" aggiungendovi il suo progetto razziale.

Sin dai primi anni Venti, Adolf Hitler aveva teorizzato la necessità di proteggere la razza ariana germanica da tutti quei fattori di "corruzione" che avrebbero potuto indebolirla. Il nazismo predicava un progetto di "eugenetica" vale a dire coltivava l'idea di ottenere un miglioramento della "razza" germanica coltivando e favorendo i caratteri ereditari favorevoli ("eugenici") e impedendo lo sviluppo dei caratteri ereditari sfavorevoli ("disgenici"). All'interno di questo progetto di eugenetica non trovavano ovviamente posto i malati incurabili e i disabili fisici e psichici.

Queste persone erano sostanzialmente una minaccia non soltanto per l'economia tedesca ma, cosa ancor più grave, un terribile pericolo di degenerazione per la razza tedesca nel suo complesso. L'idea nazista di eugenetica è riassunta perfettamente nelle parole di Heinrich Wilhelm Kranz (1897-1945) direttore dell'Istituto di Eugenetica dell'Università di Giessen:
"Esiste un numero assai elevato di persone che, pur non essendo passibili di pena, sono da considerarsi veri e propri parassiti, scorie dell'umanità. Si tratta di una moltitudine di disadattati che può raggiungere il milione, la cui predisposizione ereditaria può essere debellata solo attraverso la loro eliminazione dal processo riproduttivo"
Dopo l'ascesa del nazismo al potere la psichiatria tedesca iniziò una vasta produzione di trattati sulla sterilizzazione dei disabili psichici, mentre buona parte del mondo psichiatrico tedesco si schierò in modo sorprendentemente veloce con le teorie naziste.

La psichiatria tedesca infatti si era arresa di fronte al progetto eugenetico nazista. La malattia mentale veniva ricondotta ad un puro problema di eredità genetica. Veniva abbandonata l'idea di lottare contro la malattia e si firmava di fatto l'autorizzazione scientifica alla soppressione fisica dei malati in nome della purezza della razza.

Attuazione di programmi di igiene razziale durante il periodo nazista

Quando i nazisti presero il potere legislativo ed esecutivo in Germania nel 1933, fiorì una grande cooperazione tra i loro ideologi e i sostenitori delle aggressive politiche “razziali”. Programmi di igiene razziale per la crescita furono messi in atto, come le leggi sulla sterilizzazione di massa, e furono anche approvate leggi coniugali ("Legge per la prevenzione della progenie ereditariamente malata", 1933). Fu forzata inoltre la registrazione delle persone con presunti difetti genetici. La legge del 1933 di fatto autorizzava la sterilizzazione forzata delle persone ritenute portatrici di malattie ereditarie. Il risultato pratico fu la sterilizzazione di più di 400.000 tedeschi durante i 12 anni di regime. L'8 ottobre 1935 venne emanata una seconda legge per "La salvaguardia della salute ereditaria del popolo tedesco". Con essa si autorizzava l'aborto nel caso in cui uno dei genitori fosse affetto da malattie ereditarie.
Parallelamente venne varata una intensa campagna di propaganda destinata a convincere il popolo tedesco della giustezza della sterilizzazione e dell'eutanasia: film, grandi mostre, periodici, vennero diffusi capillarmente.

Dal punto di vista organizzativo venne creata la Direzione Sanitaria del Reich subordinata al Ministero degli Interni e guidata da Leonardo Conti (vedi Nota 2). Successivamente venne creata la "Commissione del Reich per la salute del popolo" che si dedicò all'organizzazione della propaganda nelle scuole, negli uffici pubblici e nel Partito Nazista. Ogni provincia venne dotata di un "Ufficio del Partito per la politica razziale" guidato da un esperto di eugenetica.

La Direzione Sanitaria del Reich creò in tutta la Germania circa 500 "Centri di consulenza per la protezione del patrimonio genetico e della razza". I medici che li dirigevano furono incaricati di raccogliere tutti i dati necessari per stimare quale parte della popolazione dovesse essere sterilizzata e controllare le nascite di bambini deformi o psichicamente disabili.

Contemporaneamente a partire dal 1933 i fondi destinati agli Istituti psichiatrici vennero drasticamente ridotti.

E 'importante notare che la comunità medica tedesca si era impegnata sin dall'inizio nel programma Nazista. I medici si erano iscritti al partito nazista prima e in numero maggiore rispetto a qualsiasi gruppo di altri professionisti. Il supporto per il movimento nazista era sia politico che socioeconomico. In particolare, i giovani medici tedeschi avevano cercato di aumentare la loro influenza e la sostituzione -per come era stabilito- dei colleghi ebrei. La National Socialist Physicians League fu formata nel 1929 e rappresentava circa il 6% di tutta la professione medica tedesca anche prima del 1933. La Lega cercò di coordinare le politiche naziste mediche e contribuì a liberare la comunità. Inoltre, furono condotte campagne pubbliche contro certe sottopopolazioni. Ad esempio, le pubblicazioni naziste avevano confrontato i costi del mantenere individui con malattie ereditarie, con gli investimenti in famiglie sane. Anche nei libri scolastici vennero usati tali confronti nel redigere le lezioni di matematica per le scuole. (Vedi Nota 3)
Coloro che non corrispondevano all'ideale “ariano” in ogni caso erano molti: I malati di mente e portatori di handicap fisici e mentali, gli alcolisti, i nomadi, certamente gli ebrei, gli zingari, i comunisti e gli anticonformisti in genere. Tutti questi gruppi sembrava non supportassero la "comunità del popolo tedesco razzialmente puro e sano", e furono susseguentemente stigmatizzati, privati di diritti e benefici, e sempre più esclusi dalla normale vita della società.

L'Eutanasia sotto il Regime Nazista

Nel mese di ottobre 1939, Hitler emette il decreto per istituire commissioni di medici atte a concedere una "mercydeath" (Gnadentod), una morte pietosa, ai pazienti giudicati "malati incurabili, attraverso una visita medica". Questo provvedimento divenne noto come il programma T4, dal nome della sua sede presso l'indirizzo di "Tiergartenstrasse 4" a Berlino. L'intenzione di questa direttiva, sin dall’inizio, apparve molto simile al significato attuale che si dà al termine "eutanasia". Tuttavia, durante il Regime Nazista, gli esami medici dei pazienti sottoposti al programma non aveva luogo, i pazienti non erano necessariamente malati incurabili, e non vi era alcuna "misericordia".

Il programma eugenetico nel nazismo

Il programma eugenetico nazista Aktion T4 (Vedi Nota 4) fu anche chiamato «programma eutanasia», espressione che venne utilizzata allora da molti di coloro che erano coinvolti in quest'operazione, ma oggi non può essere considerata a tutti gli effetti eutanasia: non prevedeva infatti il consenso dei pazienti, ma la soppressione contro la loro volontà. Il programma non era poi motivato da preoccupazione per il benessere dell'ammalato, come il desiderio di liberarlo dalla sofferenza. L'Aktion T4 veniva invece portato avanti principalmente a scopo eugenetico, per migliorare l' “igiene razziale” secondo l'ottica dell'ideologia nazista allora imperante. Il programma fu definito dai contemporanei come una «eutanasia sociale».
Il programma T4 mirava inoltre a diminuire le spese statali derivanti dalle cure e dal mantenimento nelle strutture ospedaliere dei pazienti affetti da disabilità, in un momento in cui le priorità economiche erano rivolte al riarmo dell'esercito della Germania. Il professor Robert Jay Lifton, autore de “I Medici Nazisti” e accreditato studioso dell'Aktion T4, nota chiaramente le differenze tra questo programma e la reale eutanasia: egli spiega che la concezione nazionalsocialista di «eutanasia» era basato sul lavoro di Alfed Jost che nel 1895 aveva pubblicato Das Recht auf den Tod («Il diritto alla morte») e conclude: « Jost sostenne che il controllo sulla morte dell'individuo deve spettare in definitiva all'organismo sociale, allo Stato.
Questo concetto è in diretta opposizione alla tradizione angloamericana dell'eutanasia, la quale sottolinea il diritto dell'individuo «a morire» o «alla morte» o «alla propria morte» come rivendicazione umana suprema. Di contro, Jost si riferisce al diritto dello Stato di uccidere. Pur parlando di compassione e di alleviare le sofferenze dei malati incurabili, egli è interessato principalmente alla sanità del Volk (popolo) e dello Stato.». La «sofferenza incurabile» alla quale si riferiva l'ideologia basilare nazionalsocialista, (che razionalizzava le uccisioni), non era quella dei pazienti/vittime ma quella dei legislatori, dei loro solerti assistenti burocratici e di coloro che trattavano direttamente le vittime [...]. La loro scomparsa non era né indolore, né tranquilla, né facile. [...] I rituali di morte e le procedure applicate sotto gli auspici di questo «programma» furono invariabilmente identici a quelli che si verificarono nei campi di sterminio. L'obiettivo fondamentale era lo stesso - lo sradicamento di segmenti indesiderati della popolazione. In entrambi i casi nessun altro termine diverso da omicidio è congruo con le circostanze. »
In particolare, vi era relativamente poca resistenza al programma di "eutanasia", sia da parte del pubblico, sia da parte del clero o dalle istituzioni psichiatriche stesse. Inoltre la maggior parte delle famiglie non riusciva a capire che il trasferimento dei loro amati a centri selezionati "per il trattamento speciale", era una selezione che significava una condanna a morte. C’è da dire però che le famiglie spesso sembravano essere sollevate dal fardello emotivo di dovere occuparsi di un figlio mentalmente disabile, soprattutto perché avere un bambino disabile in famiglia era sempre più recepita come una vergogna razziale.

La data ufficiale per l’attuazione del decreto che istituisce il programma T4 fu deliberatamente retrodatata per farla coincidere con l’inizio della seconda guerra mondiale. Il programma fu destinato a "ripulire il ponte per la guerra che avanza" e ciò che è stato eufemisticamente chiamato "eutanasia", in realtà era pulizia etnica. In una prima fase più di 5.000 bambini disabili furono uccisi in istituti psichiatrici per fame, negligenza, o avvelenamento. In una seconda fase il programma fu esteso a ebrei, zingari, e bambini "difficili", come anche agli adulti, soprattutto quelli rinchiusi in istituti psichiatrici. Di solito era commissionato a medici che attuavano selezioni, semplificando le regole e senza ulteriore esame fisico. Sempre più spesso, le vittime erano trasportate in autobus ad un piccolo numero di istituti speciali in tutta la Germania, per esempio, Brandeburgo, Hadamar, Eglfing-Haar, e Grafeneck, in alcuni dei quali erano stati installati macchinari per fornire gas e la cremazione. Gli autobus utilizzati per il trasporto avevano i finestrini oscurati, per evitare che coloro che venivano trasportati fossero visti da fuori, dalla popolazione sana.

In termini di obiettivi ideologici del regime nazista, il programma T4 si dimostrò efficiente: dall’ Agosto 1941, 70.000 pazienti in ospedali psichiatrici tedeschi vennero uccisi, tramite gassificazione e successiva cremazione. Il bilancio totale del programma T4 non sarà mai preciso. Si stima che circa 6.000 bambini (Vedi Nota 5) e fino a 200.000 adulti, furono uccisi entro la fine del regime nazista.

Il programma di "eutanasia", tuttavia, è stata realizzata sotto il controllo accurato dei medici, e ha aperto la strada per l'Olocausto. Senza la conoscenza tecnica e l'esperienza del personale dal programma T4, molti dei quali hanno poi ricoperto ruoli influenti nei campi di concentramento, lo sterminio degli ebrei probabilmente non sarebbe stato possibile.
L'intero Programma T4 venne sospeso nel 1941 a seguito delle numerose proteste. La sospensione ufficiale non fu però reale e subentrò una nuova fase definita di «eutanasia selvaggia» che proseguì fino al termine del conflitto e contribuì ad aumentare notevolmente il numero delle vittime. L'ultima uccisione di un bambino riconducibile all'Aktion T4 voluto da Hitler venne effettuata il 29 maggio 1945 presso l'istituto statale di Kaufbeuren-Irsee in Baviera, tre settimane dopo il termine del secondo conflitto mondiale in Germania.

Il fallimento morale dei medici tedeschi come corpo professionale in epoca nazista fu evidente. La maggior parte dei medici coinvolti avevano, così, attivamente rotto il loro giuramento, al fine di aumentare il loro potere personale e la loro posizione sociale.

Nel "Processo Physicians '" (Processo ai Dottori) di Norimberga (1946-1947) solo 20 tra medici nazisti e scienziati biomedici sono stati accusati, e sette sono stati assolti. Nonostante la sentenza parlasse chiaro nel denunciare che “Gli imputati da settembre 1939 ad aprile 1945 presero parte ad un disegno comune e cospirarono accettando insieme e con altri di commettere crimini di guerra e contro l'umanità; tutti gli imputati insieme o con altri parteciparono come leader, organizzatori, investigatori e complici nella formulazione e nelle esecuzioni dei crimini.” (Vedi nota 6) La prima relazione tedesca sul coinvolgimento dei medici in programmi razziali nazisti, è stata trascurata dall’ordine professionale tedesco nel dopoguerra. Solo dopo il lungo "silenzio di un’ epoca che non ricorda" si sono avuti articoli sui programmi di coinvolgimento della professione medica tedesca nel Nazismo, e ciò è diventato più ampiamente pubblicato e diffuso nel corso di questi ultimi anni.

Conclusioni:

Sotto il regime nazista, quindi, il termine "eutanasia" è stato “ab-usato” per camuffare con questa parola l’omicidio colposo di innocenti in popolazioni di disabili, o in gruppi con convinzioni religiose “altre”, e dai discordanti valori individuali. Oggi, non è realistico credere che il termine "eutanasia" sarà sostituito nelle disposizioni presenti e legali. Tuttavia, almeno in occasione della discussione e la pubblicazione sulle cure del fine vita, noi dovremmo astenerci dal ricorso a questo termine storicamente così carico di più significati.
E questo perché “[…] Secondo gli orientamenti bioetici più recenti, si deve restringere la definizione di eutanasia a quella volontaria, intendendola come qualsiasi atto che porti intenzionalmente a morte un paziente che ne ha fatto esplicita e ripetuta richiesta.[…]” come affermano Mazzon e Orsi nel loro intervento sull’argomento.


Note:
Le Note sono contenute nel .pdf scaricabile che correda l’articolo.

Incipit:

“Etica del morire e cure intensive” di Mazzon e Orsi
http://www.desistenzaterapeutica.it/files/etica_del_morire_e_cure_intensive.pdf 26 ottobre 2011 ore 17:08

"L'eutanasia-Storia e definizione" di A. Michalsen, consegnato al 18° Congresso Annuale della Società Europea di Terapia Intensiva, Amsterdam, Settembre, 2005.

Bibliografia:

“Euthanasia”: a confusing term, abused under the Nazi regime and misused in present end-of-life debate.
di Andrej Michalsen1 and Konrad Reinhart2
Intensive Care Medicine © Springer-Verlag 2006 10.1007/s00134-006-0256-9

-Lessons form the Third Reich. JAMA 276:1657–1661

-Bacharach S (2004) In the name of public health-Nazi racial hygiene. N Engl J Med 351:417–420

-Hanauske-Abel HM (1996) Not a slippery slope or sudden subversion: German medicine and national socialism in 1933. BMJ 313:1453–1463

-Geiderman JM (2002) Ethics seminars: physician complicity in the Holocaust: historical review and reflections on the emergency medicine in the 21st century. Acad Emerg Med 9:223–231

-Sprung CL, Cohen SL, Sjokvist P, Baras M, Bulow HH, Hovilehto S, Ledoux D, Lippert A, Maia P, Phelan D, Schobersberger W, Wennberg E, Woddcock T, Ethicus Study Group (2003) End-of-life practices in European intensive care units. JAMA 290:790–797

- Van der Heide A, Deliens L, Faisst K, Nilstun T, Norup M, Paci E, van der Wal G, van der Maas PJ, EURELD Consortium (2003) End-of-life decision-making in six European countries: descriptive study. Lancet 362:345–350

-Carlet J, Thijs LG, Antonelli M, Cassell J, Cox P, Hill N, Hinds C, Pimentel JM, Reinhart K, Thompson BT
(2004) Challenges in end-of-life care in the ICU. Intensive Care Med 30:770–784

Sitografia:

L'Aktion T4: il progetto di eutanasia nazista
http://www.olokaustos.org/argomenti/eutanasia/index.htm
10:_54 del 23/03/2011

Processo ai dottori
http://it.wikipedia.org/wiki/Processo_ai_dottori

Eugenetica nazista
http://it.wikipedia.org/wiki/Eugenetica_nazista

Eutanasia
http://it.wikipedia.org/wiki/Eutanasia


 

 

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http://www.infezmed.it/
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