Vai in archivio al
 

Racconti a margine

Il Viaggio Di Un Paziente: Vivere Con La Sindrome Locked-In

21/03/2012  
di N. Ch.

Questa è la storia di N., che vive con una sindrome locked-in dal 2000, raccontata da lui stesso.

"Questa è la storia delle mie esperienze da quando ho subito un terribile incidente sul campo da rugby nel luglio 2000. Sembrava all’inizio che fosse un semplice caso di leggera concussione (vedevo tutto sfocato). Barcollavo lungo la linea laterale, e l'allenatore mi chiese: "Cosa hai?" Gli dissi che mi sentivo male, ma mi ha messo di nuovo in campo dopo 10 minuti. Ho perso conoscenza sono crollato e sono stato ricoverato in ospedale in ambulanza, mentre il personale di emergenza lottava per tenermi in vita. Dopo tre giorni, sveglio, i medici hanno pensato che andava tutto bene e stavano per mandami a casa. Ma sono crollato di nuovo, mentre facevo la doccia (ho avuto un attacco di vertigine e ho perso l'equilibrio). Per giorni, gli specialisti non sapevano cosa mi stesse succedendo. Dopo sei giorni di ripetute convulsioni, dopo aver subito moltissimi test, mi hanno detto che avevo alterati diversi tratti del tronco cerebrale e principalmente uno, e questa era la causa di quella condizione estremamente rara nota come locked-in sindrome, e che in pratica non ero in grado di fare nulla.

Inizio del viaggio

Le parole non possono descrivere la situazione in cui ero ridotto: non la auguro al mio peggior nemico. I livelli di frustrazione all’inizio erano immensi, ma si sono leggermente attenuati nel corso degli anni a causa dei miglioramenti fisici ed ai miglioramenti in salute che ho fatto. Se morire è più indolore e tranquillo quando si è alla deriva nel sonno, quando si è coscienti è tutto veramente molto frustrante. Infatti, con la mente e la memoria al 100% (a volte mi chiedo se è una cosa buona o meno), e una percezione del mondo esterno al 100%, con tutti i miei sensi normali, se non migliori (vista e udito), di fatto erano, ed in parte oggi essi sono, intrappolati all'interno di questo corpo. Infatti tutti i miei muscoli non funzionavano. Fondamentalmente non riuscivo a parlare, sintomo che è comparso per primo, inoltre non potevo né camminare, mangiare, o defecare ed urinare. Per i primi tre mesi mi sentivo come se fossi dentro un incubo davvero angosciante. All'inizio potevo appena sentire (Non potevo neanche aprire gli occhi o respirare da solo); e, pur sapendo che potevo sentire, i medici e gli specialisti, di fronte a me, hanno detto alla mia mamma che sarei morto. Hanno anche chiesto a mia madre se lei voleva spegnere il ventilatore, cioè la macchina di supporto vitale, dopo pochi giorni. Ero in stato di coma irreversibile per loro.

Viaggiare da soli

Dopo il mio stato di coma, è passato molto tempo prima che potessi aprire un solo occhio. Quando ho potuto finalmente aprire entrambi gli occhi, vedevo doppio, e dovevo indossare una benda su un occhio a volte. Per mesi non ho potuto usare il campanello per chiamare. Quindi, se stavo male o avevo bisogno di qualcosa, non avevo assolutamente alcun modo per attirare l'attenzione di nessuno. Dopo il mio coma, i muscoli del mio corpo erano incredibilmente duri (in Ipertono). Non riuscivo nemmeno a riposare la parte sinistra della mia faccia su un cuscino, anche mentre ero sdraiato sul mio lato sinistro. Un prurito insopportabile mi torturava e non riuscivo a dominarlo grattandomi. Oggi va un po' meglio perché posso muovere in parte la mia mano, ma è ancora incredibilmente frustrante. Ho dovuto indossare un paradenti costantemente per i primi nove mesi, perché i miei muscoli erano così stretti e in ipertono che i miei denti si sarebbero macinati tra loro. Ho pensato al suicidio spesso (soprattutto quando si è soli nel letto durante la notte). Non ho avuto il coraggio però di andare fino in fondo. Ma anche se avessi voluto farlo poi non avrei potuto, perché era fisicamente impossibile. Credo che questa situazione sia rimasta invariata sino a quando non sono arrivato ad Hanmer [Hanmer Springs, unità di riabilitazione in Nuova Zelanda]. Mi ero abituato a pensare; "Che tipo di vita è mai questa ?". E a volte anche ora mi viene da pensare proprio questo. E' troppo difficile ed estremamente frustrante per me vivere, dato che molte persone semplicemente non sanno come comunicare con me. Quando i miei occhi erano ancora chiusi uno specialista ha detto ai miei ed al mio manager di abituarsi a pensarmi per il futuro sulla sedia a rotelle, perché sarei stato in una di esse per il resto della mia vita. Che cosa sanno veramente? Ora so che loro conoscono solo quello che leggono nei libri di testo.

Perdere il percorso: la frustrazione e la solitudine

Anche un compito molto semplice come la pulizia dei denti oggi è per me una missione perché non riesco volontariamente ad aprire la mia bocca per un lungo periodo di tempo, e non posso tenere il mio respiro a lungo. La mia reazione naturale è quella di mordere lo spazzolino da denti. Ho anche dovuto ingoiare tutti i dentifrici perché non riuscivo volontariamente neanche a sputare. Non essere in grado di deglutire al momento necessario può diventare immensamente frustrante. Quando sei così (pur avendo una assistenza 24 ore/24) è un'esistenza incredibilmente solitaria, a volte. È incredibile quanto tempo devo passare a pensare alle cose da quando ho avuto l'incidente. Ci sono mucchi di pensieri che non mi dà fastidio anche esprimere. Oggi parlo utilizzando una scheda di perspex trasparente (formato A2) con le lettere dell'alfabeto disposte su essa (in modo identico su entrambi i lati). C’è una persona che regge la tavola posta tra i nostri occhi (stiamo a circa 80 cm l'una dall'altra). Io devo precisare ogni lettera della mia frase con i miei occhi (simile ad un macchina da scrivere), in modo tale che l'altra persona possa indovinare ogni lettera. E molto difficile (quasi impossibile) esprimere se stessi o essere sarcastici in questo modo. Quando la persona non capisce quello che sto cercando di dire, diventa immensamente avvilente per me, e la frustrazione molto rapidamente si trasforma in rabbia, soprattutto perché la scheda di perspex è, o meglio era, il mio unico metodo di parlare. Anche se piano piano ho da poco cominciato ad articolare tante parole

Compagni di viaggio

La mia famiglia, amici e accompagnatori sono stati così grandi per me e il mio recupero. Cumuli di persone mi hanno aiutato in un modo o nell'altro. Un altro amico della mia vecchia squadra di rugby mi ha portato alla maggior parte dei giochi nel 2002, 2003 e 2004. Tutto il supporto passato era immensamente apprezzato. Io non penso che sarei arrivato fino a questo punto senza il supporto dei miei amici, accompagnatori e familiari. Ho incontrato un sacco di persone, dal mio incidente. Alcuni sono diventati amici; alcuni sono diventati grandi amici. Io vivo solo sperando in una guarigione, ora. Non posso vivere in questo modo per altri 40 anni o giù di lì.

Oggi: Viaggiando a velocità variabile

Oggi posso dire un mucchio di parole, contare, pronunciare i nomi di quattro assistenti in modo abbastanza chiaro, a volte infilare qualche parola insieme e di fila quando sono sdraiato e rilassato. Alcuni dicono che il miglioramento è dovuto al modo determinato e testardo che io ho di vivere, ma per far fronte a questo e ad avere speranza di un pieno recupero devi essere così. Sono comunque felice di essere ancora vivo, il più delle volte, almeno. Ho accettato il fatto che l'incidente è accaduto, tanto tempo fa. Devo solo sfruttare al meglio ogni giorno il mio cammino verso la guarigione. Quando si vive così, nella maggior parte del tempo i livelli di frustrazione sono spinti al massimo e alla fine possono esplodere. A volte vorrei essere morto in ambulanza mentre mi trasportavano in ospedale. Ma non finisce qui comunque. Mi sento molto dispiaciuto per chiunque abbia questa sindrome, specie chi ha paura di correre rischi. La maggior parte delle cose che faccio comporta una qualche forma di rischio, anche qualcosa di semplice, come mangiare. Non abbiate voglia di morire: verrà lei da voi se capiterà. Ma solo a volte, prima di quanto previsto."

 

Note:
La sindrome Locked-in (nota anche come coma vigile) pone problemi per i medici, che semplicemente spesso non capiscono che il loro paziente è un silenzioso testimone, che non risponde a tutto ciò che sta accadendo. Più spesso i parenti che il personale medico si rendono conto della situazione del paziente (in genere notando intuitivamente che il paziente è sveglio e registra cosa sta succedendo). La Sindrome Locked-in è causata sia da una lesione del tronco encefalico (solitamente vascolare), o da demielinizzazione estesa, negando al cervello collegamenti periferici. N., 23 anni all'epoca, era in Sindrome locked-in per una dissezione delle arterie vertebrali durante una partita di rugby. La sindrome è molto diversa da altre forme di coma o dallo stato vegetativo persistente, anche se possono essere confusi al letto del paziente. In uno stato vegetativo persistente (distinto dalla locked-in sindrome) i livelli superiori del cervello sono stati devastati, di solito da una combinazione di lesioni neuronali, e globale anossia cerebrale. Queste selettivamente danneggiano maggiormente il cervello del sistema corticale e le sue connessioni ramificate.

Per dirla semplicemente, chi è in un stato vegetativo persistente non è cosciente. Il nucleo cognitivo o esperienziale della vita umana è andato, nello stato vegetativo persistente; mentre nella locked-in sindrome questo nucleo è intatto, così come N. dice eloquentemente a noi.




Fonte:

Tratto, in parte per quella riguardante il racconto, e tradotto (S. Vasta) da:
The patient’s journey: Living with locked-in syndrome
di N. Ch, Grant Gillett
BMJ VOLUME 331 9 JULY 2005 bmj.com

 

 

 

Ultima Modifica: 28 Marzo 2012

 

Allegato: Scarica Allegato
Leggi anche :
 



Sezioni


Newsletter

  • Nome
  • Cognome
  • Email
  • Autorizzo il trattamento dei miei dati secondo D. lgs. 196/03

Le vignette di TimeOutIntensiva

Noi aderiamo ai principi HONcode.verify here.
FOTO E MESSAGGI
inviati dai nostri lettori
manda una cartolina a un amico
con i quadri di "Daro" Diana
Fonti & Ringraziamenti

Un Nostro Grazie a: 


In Copertina:

Alla Prof.ssa Virginia Romano
ed all’Università “Kore” di Enna
Per l’Articolo “Etnografia in Emergenza:                                                                                  Pratiche di Traduzione di un Artefatto"        

In Focus:

A Gabriella Cinà Per “Arteterapia
nell’Ambito dei Trapianti d’organo”

In Racconti a Margine:

A Pentothal per il racconto

“La Quarta Dimensione Esiste”

In Out of Border:

A Emilia Maggiordomo e 
Laura Costa

per la Sezione Dedicata
 alla Poesia di

cui sono le Curatrici

In Graffiti:

A Claudio Battista che ci ha                                                                                                permesso di allestire una mostra                                                                                               delle sue Fotografie

Ai nostri infaticabili

Ugo Sottile 
per la Musica,

Andrea Cracchiolo 
e Daniela Palma

per Student Corner e ad i

Nurse Educator

dell’ Ismett di Palermo per la rubrica

Nurse Science,

da loro curata.

E Ad Antonio Corrado per la sua

vignetta.

 

Fonti Numero 20, Marzo 2012:

Si ringraziano altresì:

Il Ministero della Salute
e

L’ISS

Il Centro Nazionale Trapianti

La SIAARTI

http://www.siaarti.it/

 

IL Giornale Italiano di Medicina

del Lavoro ed Ergonomia 
PI-ME,

Pavia ISSN 1592-7830

http://gimle.fsm.it

 

Le Infezioni in Medicina

www.infezmed.it/
MenuIniziale.aspx

 

Intensive Care 
Edizione Italiana
 

 

Biomed Central Open Acces

http://www.biomedcentral.com/



 
Aggiornato al: 28 Marzo 2012



Link Consigliati