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Out of border

In questo Sito che parla spesso di sofferenza, di dolore, di morte e malattia, di come alleviarla e prendersene cura, Out of Border rappresenta un guardare oltre il confine, e per un attimo, attraverso una fotografia, poche righe, favole, musica, racconti, un video o una poesia, vivere un momento di gioia, di riflessione, di interesse...

Lu Guang: Un Fotografo Sociale nella Nuova Cina. Foto e Video

12 Dicembre 2012  

Autore: A cura di S. Vasta Video: Guarda il video Allegato: Scarica Allegato

Il 14 ottobre 2009 il fotografo cinese Lu Guang ha vinto il premio annuale W. Eugene Smith Grant di 30.000 dollari nella categoria Humanistic Photography per le sue foto sulla situazione ambientale in Cina. Il sito della fondazione ha pubblicato quanto segue per descrivere il progetto di Lu Guang:

Lu Guang ha documentato i disastri ecologici avvenuti in Cina a seguito della rapida crescita economica dal 2005, concentrandosi sull'inquinamento ambientale e sul problema della schistosomiasi (detta anche bilharziosi). Negli ultimi tre decenni, lo standard di vita è cresciuto costantemente nel Paese. Al contempo l'inquinamento industriale ha causato serie conseguenze sia per la salute pubblica che per l'ambiente in generale.

Questa è la prima volta che un cinese vince tale premio e, cosa più importante, è una delle prime volte che la pericolosa situazione ambientale della Cina viene presentata con una tale forza visiva. Quanto appare nelle sue foto è qualcosa che va al di là di qualsiasi singola questione ambientale, ma coglie la disperazione e l'assenza di speranza di coloro la cui vita è bloccata in un inferno sulla terra.

Intervista a Lu Gang

di IvanFranceschini

Ivan Franceschini dal 2006 vive a Pechino, dove conduce ricerche sulla situazione dei lavoratori cinesi e lavora come giornalista freelance. Cura il blog "Appunti cinesi" sul sito del quotidiano L’Unità e Cineresie.info.

Ho incontrato Lu Guang a Pechino la settimana scorsa, giusto un paio di giorni prima che prendesse l’aereo per gli Stati Uniti, dove era stato convocato per ritirare il prestigioso premio fotografico Eugene Smith. Allora la notizia della sua vittoria non era ancora stata resa pubblica e pertanto ho ritenuto opportuno aspettare fino ad oggi per pubblicare quest’intervista. Non è la prima volta che incontro un fotografo cinese impegnato nel documentare problematiche sociali (a proposito si può vedere il mio precedente post sul defunto Zhao Tielin), ma parlare con lui è stato un’ottima occasione per riflettere ancora una volta sul potere della fotografia e, più in generale, del giornalismo nel risolvere i problemi sociali.

“Ho iniziato a fotografare negli anni Ottanta. Allora lavoravo come operaio in una fabbrica a Yongkang, nella provincia dello Zhejiang, e scattare fotografie era il mio hobby. Fotografando potevo anche guadagnare qualche soldo e dato che il nostro salario era molto basso – circa settanta yuan al mese – i soldi che guadagnavo in quel modo erano molti, pertanto ogni volta che avevo un attimo di tempo mi mettevo all’opera. Ho continuato così per tre anni e in quel periodo ho imparato le tecniche di base della fotografia, dopodiché ho iniziato il lavoro creativo, fotografando alcuni paesaggi, stili e personaggi che piacciono ai cinesi. Nel 1987 ho aperto uno studio fotografico giusto per guadagnarmi da vivere e fino al 1993 in tutto ho guadagnato centomila yuan. Però non provavo interesse per questo, non volevo continuare a guadagnare soldi e basta, volevo imparare davvero a fotografare, perché fino ad allora ero stato un autodidatta. Così sono arrivato al Dipartimento di belle arti dell’Università Qinghua a Pechino per perfezionare la mia tecnica. A Pechino ho avuto modo di conoscere diversi giornalisti e sono venuto a conoscenza dell’esistenza di un tipo di fotografia documentaristica legata all’attualità. Allora ho capito come un fotografo non solo possa fotografare paesaggi, ma anche dare un suo piccolo contributo alla società. In questo modo mi sembrava molto più interessante. Nel 1994 e 1995 ho fotografato la corsa all’oro, le prostitute, i tossicodipendenti, le piccole miniere di carbone. Poi i soldi che avevo guadagnato sono finiti e nell’ottobre del 1995 sono dovuto ritornare al mio paese natale, con l’intenzione di guadagnare per altri tre anni per poi uscire nuovamente a fotografare. Tuttavia tre anni dopo avevo già guadagnato abbastanza per comprarmi una casa, ma non per coprire le spese di tutti i giorni, quindi ho deciso di continuare a lavorare per altri due anni. In tutto così sono passati sei anni. Nell’ottobre del 2001, su un giornale ho visto un piccolissimo trafiletto in cui si raccontava come un bambino di otto anni avesse contratto l’aids e fosse venuto a Pechino per ricevere delle cure. Leggendolo, ho provato una grande eccitazione. Perché? Era dal 1995 che stavo seguendo il problema dell’aids in Cina e in tutti quegli anni avevo seguito con attenzione la situazione dei malati d’aids in alcuni ospedali di Pechino. Parlavo spesso con i dottori di questi ospedali. Nel 1995 avevo sentito dire che in Cina c’erano solamente cinque persone malati di Aids, tra cui tre maschi che avevano contratto il virus in albergo. Dopo aver letto che un bambino di otto anni si era ammalato, mi sono reso conto che si trattava di un problema davvero grosso e allora mi sono messo alla ricerca. Così ho trovato il giornalista che aveva scritto il pezzo e anche il padre del bambino. Parlando con loro, ho capito che negli anni Novanta molte persone nella provincia dello Henan avevano contratto l’aids a causa della compravendita del sangue infetto e per la prima volta ho saputo dove potevo trovare tutti questi malati. Quel bambino aveva preso il virus semplicemente perché quando aveva due anni si era ammalato e la persona che gli aveva donato il sangue era infetta. Ho scattato delle foto al ragazzo e le ho pubblicate su alcuni media di Pechino, dopodiché me ne sono andato nello Henan e lì un po’ alla volta ho condotto delle interviste. Allora intervistare la gente era davvero molto difficile, perché era proibito prendere immagini e tutto era chiuso. Una volta finito con queste foto mi sono occupato nuovamente dei tossicodipendenti e della corsa all’oro nelle aree occidentali del paese, poi dell’inquinamento, dei villaggi minati, della sars e di tutta un’altra serie di problemi. Il punto focale della mia attività negli ultimi due anni però è stato l’inquinamento. Quando ho iniziato a fotografare, lo facevo perché era divertente e mi permetteva di guadagnare. Una volta arrivato a Pechino, l’obiettivo invece è diventato quello di partecipare a dei concorsi. Il tutto è cambiato davvero solamente nel novembre del 2001, quando sono entrato per la prima volta in un villaggio dell’aids e ho visto con i miei occhi come in tutte le case giacessero dei malati senza un soldo per le medicine, senza nessuno che si prendesse cura di loro. In ogni famiglia c’erano persone che mi supplicavano tra le lacrime: “Salvami, ti prego! Ti supplico!”. Quello scenario mi ha lasciato un’impressione enorme, è stato un vero e proprio shock. Quella notte non ho chiuso occhio e ho continuato a pensare ininterrottamente ai malati che avevo visto durante la giornata. Per la maggior parte erano persone giovani e sole, quindi mi dicevo che dovevo assolutamente trovare un modo per aiutare. Ho pensato di servirmi della macchina fotografica che avevo tra le mani per raccontare questa cosa a tutti e far sì che il problema venisse risolto. In verità, è stato solamente a partire da quel momento ho iniziato ad avvertire un senso di responsabilità sociale e mi sono reso conto di poter usare la macchina fotografica per fare molte cose. Dopo aver acquisito questo senso di responsabilità, sono entrato in contatto con molte persone che si occupano di problemi sociali. Attraverso questi contatti mi sono reso conto ancora di più della gravità dei problemi della Cina di oggi. Attualmente il paese sta attraversando una fase di transizione nel processo di riforma economica e neanche il governo sa come andrà a finire. Essendo una persona comune che guarda le cose dal basso, sono in grado di distinguere se il percorso imboccato è giusto o sbagliato. Se mi accorgo che ci sono problemi, allora vado a fotografarli. Non c’è bisogno che fotografi gli aspetti positivi: per quelli c’è già un mucchio di giornalisti del Partito Comunista. Io mi occupo solamente degli aspetti negativi. Se scopro qualcosa, vado a fotografarlo, lo pubblico e in questo modo determino i successivi sviluppi del problema. Ci sono molte pressioni. Se io faccio qualche critica, la controparte non mi permetterà mai di fare il mio lavoro e quindi devo fotografare di nascosto. D’altra parte però posso contare sul supporto delle masse. Sono come un agente sotto copertura: le masse locali mi sostengono e questo migliora di molto la situazione. In ogni caso, faccio comunque attenzione a proteggermi, ad esempio utilizzando degli pseudonimi quando pubblico qualcosa. Se usassi il mio vero nome per portare alla luce i problemi di un qualsiasi posto, le persone verrebbero subito a cercarmi. Così invece non possono fare altro che rivolgersi direttamente al giornale. Nel gennaio di quest’anno, dopo che avevo pubblicato una storia sul “China National Geographic”, un leader locale li ha cercati e ha detto loro: “La situazione dell’inquinamento qui da noi è già migliorata moltissimo, perché non avete fotografato gli aspetti che sono stati migliorati? Avete fotografato solo gli aspetti negativi!”. Nel novembre dell’anno scorso stavo per pubblicare su un importante giornale nazionale una serie completa di fotografie sul problema dell’inquinamento marittimo nelle zone costiere della provincia del Jiangsu. Si trattava del frutto di un anno di lavoro nell’area, ma una volta che il photoeditor ha fatto vedere l’impaginato del giornale al caporedattore per mandarlo in stampa, quest’ultimo si è rifiutato, dicendo: “Non va bene. Il capo di questa provincia una volta era il vice-segretario di qui e siamo amici. Qualche tempo fa abbiamo anche pranzato insieme, come posso pubblicare questo?”. Così alla fine la cosa è stata soffocata e non è uscita. Magari fosse finita così! Non solo le foto non sono state pubblicate, ma le hanno persino inviate ai leader di quella provincia insieme al testo scritto! Una volta viste le foto, i leader provinciali hanno immediatamente inviato a Pechino delle persone con l’incarico di trovarmi e parlarmi. Non ho dubbi che se allora avessi già pubblicato quelle foto da qualche altra parte, essi sicuramente non sarebbero venuti solamente a parlarmi… Al telefono mi hanno detto: “Ti stiamo cercando. Non sei venuto nel Jiangsu qualche tempo fa? Vogliamo parlarti del lavoro che abbiamo fatto”. Tutte le volte mi sono negato, dicendo che mi trovavo fuori Pechino per lavoro. Mi hanno richiamato anche quest’anno in marzo, per dirmi che erano a Pechino e avevano dei regali per me. Mi hanno detto: “Abbiamo controllato, il lavoro che fai davvero non è facile. Nessuno ti supporta. Vorremmo aiutarti con un po’ di soldi”. Volevano comprarmi, ma ancora una volta gli ho detto che non ero a Pechino. Mi hanno chiesto dov’ero, dicendo che mi avrebbero raggiunto, ma non glielo ho detto. Alla fine se ne sono andati. In realtà, non ho mai pubblicato queste foto. Se le avessi pubblicate, probabilmente avrebbero mandato delle persone a minacciarmi. Anche sotto questo aspetto sono molto attento. Naturalmente la pressione è molto grande: ci sono persone che mi fanno telefonate minatorie e anche gente che cerca di portarmi via la macchina fotografica. Queste situazioni sono molto frequenti. Aver ottenuto il premio fotografico Eugene Smith è una grande soddisfazione. In primo luogo si tratta di un riconoscimento nei confronti del mio lavoro, in secondo luogo è utile ad innalzare la mia posizione qui in Cina. In Cina la posizione è molto importante. Io sono una persona comune, non ho un ruolo ufficiale, né amici o parenti che fanno i funzionari. Dopo aver ricevuto questo premio, se qualcuno vorrà farmi qualcosa, dovrà prima riflettere sul fatto che io sono una persona che ha ottenuto un premio internazionale e probabilmente si farà indietro.”

Da alcuni anni Lu Guang collabora con Greenpeace. (Vedi il Video Allegato)

Fonti:

Intervista tratta dal sito: http://www.cineresie.info/lu-guang-il-fotografo-dellinquinamento-2/
del 18 Ottobre 2009

Tutte le Foto sono coperte da Copyright ©


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Fonti Numero 23, Dicembre 2012:
Si ringraziano altresì:
-La rivista “Trapianti”
-La SIPE
(Società Italiana Psicologia Emergenza)
-Ricerca & Pratica
-Il Pensiero Scientifico Editore
-La Fondazione
Giancarlo Quarta ONLUS
-L’ISTAT
-ISS
-SIMIT

-La rivista Scenario e L'Aniarti
-IL Giornale Italiano di Medicina
del Lavoro Ergonomia 
PI-ME
Pavia ISSN 1592-7830
http://gimle.fsm.it
-Quotidiano di Sicilia

-Intensive Care Med 2004 Ed. Italiana
-Biomed Central Open Acces
http://www.biomedcentral.com/

-Evidence 
www.evidence.it

 

 

 

Aggiornato al: 20 Dicembre 2012



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