Medicina e TecnologiaCyborgs ed Identit� morale
Tratto da
Cyborgs and moral identity
di G Gillett J. Med. Ethics 2006;32;79-83
Traduzione e riduzione a cura di S.Vasta*, Christine McRitchie**
* Timeoutintensiva Network
 



Nota: Con questo articolo iniziamo una riflessione con i nostri lettori, che speriamo scevra da pregiudizi e rigidità ideologiche, su Medicina e Tecnologia.

 

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Introduzione

Oggi le Neuroscienze e la medicina tecnologica in generale, si confrontano sempre più con la realtà imminente dei Cyborg: complessi Integrati di parti umane e parti meccaniche che funzionano come un \"unicum\".
Se il mio cervello funziona in maniera supportata sfruttando le tecnologie intelligenti sia esterne che impiantabili, come dovrei essere considerato, e qual\'è il mio stato morale: sono una macchina o sono una persona? Così la prospettiva dei cyborgs assume un significato etico, solleva interrogativi su cosa è una persona, e su come dovrebbe essere trattata la parte parzialmente artificiale dell\'essere, specialmente quando quell\'artificialità tocca il centro stesso dell\'essere umano.
In questo articolo si esplorano un certo numero di scenari, dove l\'equilibrio fra essere umano e essere umanoide si sposta e sorge spontanea la domanda riguardo la condizione morale degli individui interessati. La posizione presa è molto conforme all\'idea Aristotelica che il nostro comportamento morale è un tutt\'uno con le nostre capacità sociali e personali, e forma un reattivo e riflessivo componente di quelle capacità stesse.

La nostra vita Cibernetica

Il fatto d’avere la possibilità di supportare e potenziare le nostre proprie capacità, usando i dispositivi artificiali, è oggi una caratteristica comune della vita umana. I nuovi e rivoluzionari sviluppi nell\'uso di elementi intelligenti per simulare la visione dell\' essere umano e collegare i circuiti del calcolatore con la voce, e le tecnologie interattive, portano il dibattito bioetico ad un livello superiore. Basterebbe pensare al bisogno di tenere diari, ai telefoni cellulari, ai registratori a nastro, etc, per rendersi conto che le nostre capacità cognitive siano migliorate straordinariamente mediante i rapporti e le interazioni essere umano/manufatto.
Inoltre, ci si confronta, sul problema, con la versione neuro etica del paradosso di Sorites (il paradosso del mucchio). Nella sua versione classica, tale paradosso mette a fuoco una categoria delineata da un attribuito quantificabile, come per esempio gli uomini calvi. Se un uomo calvo ha soltanto un capello sulla sua testa non può definirsi irsuto (ma neanche calvo). Ma ciò che va bene per uno può andare bene per uno più uno e così via, fino a che non abbiamo un uomo con, per esempio, diecimila capelli. Allora ci rendiamo conto come ad un certo punto un uomo calvo sia diventato non calvo soltanto aggiungendo un nuovo capello alla sua testa. Questo tipo di problema ricorre, nel nostro modo di pensare gli oggetti complessi. Per esempio, potrei dire che l\'ascia di mio nonno mi fu utile per trenta anni dopo averla ottenuta da mio padre, solo richiedendo cinque nuovi manici e tre nuove lame. Il problema è: \"Perché questa non è un\'ascia nuova? O meglio: \"Quale cambiamento in un oggetto provoca una differenza metafisica tale, da avere un oggetto differente (o genere di oggetto) nelle nostre mani da quello con il quale abbiamo cominciato? Io sono ancora l’essere morale che la gente conosce e con cui interagisce quando uso il mio diario o quando utilizzo il mio calcolatore; sono me stesso al cellulare e quando mi avvantaggio del mio farmaco antidepressivo, ma quanto forte è questo me stesso (l\'io), di fronte alla nuova tecnologia cibernetica ed alle sue prospettive di progresso? Potrei ancora essere me stesso se il mio cervello fosse guidato in gran parte da un dispositivo che simula il giovane me stesso adulto, perpetuamente ? Possiamo affinare le nostre intuizioni immaginando una gamma di casi fantastici.

ALCUNI CASI FANTASTICI

Lesione alla testa e neuroriabilitazione

Bjorn ed Anna hanno un figlio di tre anni, Hansie, con una lesione cerebrale severa che lo porterà a morirne. Tuttavia, ricevono nuova speranza quando uno specialista in neuro-ricostruzione dice loro di una tecnica nella quale una combinazione di enzimi, fattori della crescita e stimoli microelettrici vengono guidati da un calcolatore a grafici tridimensionali prodotti da un programma specifico, e che potrebbe riportare il cervello di Hansie ad una condizione di potenziale funzionamento. Il processo richiede circa sei mesi perché l\'attività neuro-ricostruttiva prende un tempo uguale al tempo di sviluppo fetale ed alla differenziazione fetale del cervello. Hansie perderà tutte le sue memorie, non è garantito che avrà lo stesso temperamento che aveva prima dell\'incidente, e richiederà una rieducazione come fosse un bambino appena nato. Bjorn ed Anna riconoscono che si stanno assumendo un enorme responsabilità, ma sono euforici al pensiero di non perdere Hansie; si convincono che in tal modo possono riaverlo indietro e che tutto si concluderà per il meglio, così decidono di voler andare avanti.
La procedura contemplata è quasi la stessa dell\'avere un nuovo e differente bambino. Potrebbero essere loro indotti a pensare a questo bambino come se fosse ancora Hansie? Direi che possono, anche se alcune teorie sulla identità personale renderebbe entrambi presupposti problematici.

Aggiornamento di personalità con micronetworks
La seguente storia estende le nostre intuizioni circa i cyborgs (in un modo simile al film L\'uomo bicentenario).

Peggy e Bob sono sposati ma poco felicemente. Hanno cominciato la vita da sposati come ogni giovane coppia sposata, ma Peggy è caduta in episodi inclini alla depressione, spendendo sempre più tempo a casa, non lavorando e lamentandosi della sua incapacità ad avere bambini. Ha provato gli antidepressivi e la psicoterapia ma non ha fatto nessun progresso e sempre più passa il suo tempo coricata, con una visione negativa su se stessa, sulla sua unione e su qualsiasi speranza di carriera. Bob è tanto disperato da essere sempre più spaventato nel lasciarla sola. Sua zia accenna ad un servizio eccellente, il Cybo-help\', che fornisce androidi per tali casi. Egli va al centro e gli viene mostrato un tipo recente, un modello che dispensa le cure anche con giovani disabili. Affitta l’androide, lo denomina Andrea e lo porta a casa.
Andrea è meravigliosa
Lei porta il tè a letto, fa un lavoro discreto, passa ore infinite a parlare con Peggy, coinvolgendo la paziente in varie attività. Peggy la ama. Bob scopre di pensare ad Andrea come fosse una persona.
Dopo un lungo viaggio di affari Bob torna a casa e trova che Peggy ha iniziato a dipingere acquarelli, e si è iscritta ad un gruppo di lettura. Peggy è migliorata così tanto che quando arriva il tempo di rinnovare l\'affitto di Andrea, viene rinviata al Cybo-help. Peggy e Bob perdono Andrea ma sono felici più di quanto lo siano stati per anni sino a quella notte.Bob è colpito dai segni sul cuoio capelluto che gli innesti neurali di connessione ad Andrea, i cosìdetti Cc\' (Circuiti compassionevoli di cura) hanno impresso dietro la linea sottile della sua tempia di destra. Dovrebbe preoccuparsi?

L\' ETICA E L\'ESSERE UMANO: INTUIZIONE E RIFLESSIONE

Lo spettro dei robot con attributi umani è stato sempre roba da fantascienza, ma i progressi nella tecnologia dei microchip impiantabili e dei dispositivi prostetici che possono interfacciarsi uniformemente con il cervello umano, ci determina preoccupazioni morali che premono molto più di ciò che dovrebbe essere. Nei casi che ho descritto ci ritroviamo tormentati da mille dubbi, e rifletterci sopra è spinoso. Ma ci tentiamo, schematizzando per semplicità: possiamo quindi dire che:
A) Siamo meno interessati quando gli elementi cibernetici della persona sembrano unità periferiche o piuttosto casi incidentali nella loro identità psicologica o nel carattere.
B) Siamo molto più interessati là dove sentiamo un modo non umano di relazionarsi, o quando le reazioni o le risposte ad \"altri\", possono interessare una persona ad un livello molto profondo e pervasivo.
La riflessione del momento, tuttavia, sulla nostra idea intuitiva che una macchina, non importa quanto gradita all\'essere umano, non è candidata al possedere proprietà morali, rivela che questa è un\'idea dura da portare avanti. Ed è ancora più dura da sostenere emozionalmente, dopo una pellicola come l\'uomo bicentenario o AI, dove vediamo il mondo attraverso gli occhi narrativi di tali caratterizzazioni, disegnate per identificarci con loro, e ci rendiamo conto che colpiscono molte mediazioni che facciamo fra esperienza, legami, sensibilità, etc.

Noi abbiamo atteggiamenti morali nei confronti degli esseri umani che ci portano a considerare un errore fare loro determinate cose, e sentiamo che sia un bene curarli in determinati modi, mostrando loro un certo tipo di considerazione.
Mentre alle macchine si applica abbastanza semplicemente il senso del giusto e dello sbagliato. È errato mettere il combustibile diesel nella mia auto, per esempio, dato che va a benzina.

Il rapporto è infatti, nei nostri rapporti con le macchine, interamente funzionale e strumentale. A questo proposito possiamo immaginare di mettere a frutto un esempio “pratico”: immaginate un gruppo di primo anno di allievi di filosofia che partecipano ad un tutorial in cui ci si confronta con un registratore a nastro. Quando mettono su il nastro e lo avviano, il registratore \"dice\" con voce piena e femminile: \"penso, quindi sono\". Risate dal gruppo. Il registratore a nastro si riaccende, e con voce disperata dice: “Non ridete di me”.
I componenti del gruppo si guardano stupiti tra loro. Il registratore, in un tono di supplica, dice: \"So perché vi guardate fra voi, ma credetemi io sono nato con questa morfologia, in questa forma, e sono stato creato per interagire con l\'umano”. Uno del gruppo indica il registratore e dice: “Cos’è questa cosa ?”, ed il registratore risponde: “Ti prego, non mi spegnere, io vivo per/in questi momenti!”. Ora questo registratore a nastro può suonare, e sembrare che cogiti ed interagisca con noi, esattamente come una creatura che crediamo abbia un\'anima (una morale), ma noi non crediamo sia “qualcuno”.

Wittgenstein fa un\'osservazione interessante circa l\'anima non umana.

“Esamina una pietra ed immagina che abbia sensazioni. Uno dice a se stesso: come potrebbe una persona avere l\'idea d\'attribuire una sensazione ad una cosa? Ed ora esamina una mosca contorcersi ed immediatamente questa difficoltà sparisce, fa soffrire guardarla, ed il dolore sembra trovare un appiglio qui, dove prima tutto era, per così dire, molto più semplice.”

Noi siamo cioè interessati al fatto che la soggettività sia al centro della storia, e abbisogniamo di presupposti credibili per agganciarvi la nostra preoccupazione morale.

Se, tuttavia, gli \"artefatti\" non possono entrare nel nostro dominio morale con tutta la rassomiglianza che possono avere con gli organismi viventi, malgrado il loro intreccio interattivo con noi, che tipo di \"lavoro dell\' anima\" noi portiamo avanti in questo caso? A che livello nella scala degli organismi noi riusciamo ad ottenere il genere di piacere e dolore ed altre risposte, che muovono le creature che interessano la nostra sfera morale? Come possiamo noi cominciare a comprendere questo punto? 
Hal, a partire da “2001 Odissea nello spazio” è rappresentato come un agente morale, nel senso che lui interagisce con gli esseri umani e stabilisce con loro rapporti conoscitivo/intellettuali (distinti dai rapporti con organismi terreni e di gioia che qualcuno gode con una creatura vivente). Il registratore Cartesiano va in un certo senso verso la stessa modalità di rappresentazione di Hal, e un cyberpet può simulare un senso di vita nel gioco, nel rapporto con il relativo proprietario. In ogni caso è comprensibile che trattiamo l\'altro a cui ci riferiamo come essere morale perché alcune funzioni dei nostri sensi di correlazione con gli elementi etici sono in gioco. Noi siamo anime la cui vite si intersecano dentro un regno morale.

COS’È L\'ANIMA UMANA?
 
L\'anima, per un pensatore Aristotelico, è un complesso ed integrato tutt\'uno emergente da un insieme di funzioni biologiche e psicologiche che caratterizzano una creatura di un dato tipo.
L\'essere umano ha funzioni vegetative, animali, intellettuali e sociali o politiche che si uniscono per dare forma individuale alla vita che una persona vive fra i suoi simili. Potremmo dire che la continuità narrativa dell\'anima umana è basata sull\'esistenza di anima e sangue nelle cose viventi come noi, e dai diversi incontri che plasmano ciascuno di noi.
Nel caso di un\'anima possiamo immaginarla olistica riguardo l\'habitus (comprendendo responsività, energia e vulnerabilità tra l\'altro) di un essere umano che è realizzato unicamente in carne umana e sangue e non può essere riprodotto in silicone. Potremmo sostenere che l\'essere umano unisce in maniera unica i sentimenti (o il sentire), una materiale (carnea) contingenza, e l\'intelletto, in un senso olistico che sfida l\'analisi riduttiva, in un modo tale che persino questa delineazione dei tre punti può apparire in qualche modo grezza ed ingannevole. Noi allora potremmo avere bisogno di rendere plausibile l\'idea che soltanto un essere umano, con la natura olistica che implica, può vivere fuori dal nostro genere di soggettività.
Così siamo persone che hanno iscritto profondamente dentro, la propria maniera di essere, che include gli affetti personali, sentimenti come il senso del possesso ed i desideri, ispirazioni ed aspirazioni, abilità e stili di muoversi, fonti di energia ed esitazioni, tabù e permessi, e così via, in grado di riconoscere, tenere conto di, e rispondere ad ogni altra soggettività nell\'esperienza di vita, quando interagiamo con ogni altro e raccontiamo la nostra storia. La nostra concezione (metafisica se gradite) di che cosa un essere umano è, deriva dagli esseri con cui noi scambiamo queste interazioni formative e sostenibili.

I CASI RIVISITATI

Nei casi dei cyborg ci si può ora avvicinare ad una soluzione del problema posto. Noi, come abbiamo visto, valutiamo sempre, senza formalità, in base ad innumerevoli indicazioni, se abbiamo o meno, di fronte a noi, un essere umano genuino. Queste indicazioni ed indizi dipendono dai nostri rapporti di scambio con le persone in questione, e le reazioni possibili (o l\'attitudine a reagire), sono evocate in noi dalla nostra posizione all\'interno del regno degli estremi che è la società umana; Il realismo tipico a cui siamo affidati nelle nostre reazioni morali verso i cyborgs, è non solo, quindi, il prodotto di una metafisica disinvestita (non compromessa), ma anche di un discorso interessato ed olistico a cui partecipiamo, esercitando sensibilità costruite sulla carità e su un certo numero di altre virtù, in modo che la nostra maniera di conoscere la sfera morale e i relativi habitat sia essa stessa morale. 
Così, in questi casi rivisitati, possiamo ritrovarci al bordo di un limite dove tutte le cose sono una questione di gradualità; dove la mente umana, liberata dagli stereotipi e dai giudizi categorici, ha negoziato quel genere di terreno prima, e scelto il meglio, agendo con umanità. Su questa base, Hansie è uno di noi, non solo perché è carne ed ossa di un giusto genere, ma anche perché non è morto in alcun senso valido culturalmente. Ha avuto, in termini di esperienza, ferite severe ed è stato poi riportato in piena salute; così egli appartiene, -l’Hansie curato, guarito e riabilitato-, a noi nella stessa maniera come ha fatto sempre. E Peggy? Che cosa è successo alla vera Peggy? Forse c’è ora un’altra Peggy, una seconda Peggy, con una personalità pervasa da intelligenza androide.
In conclusione, a me sembra che un cyborg sia così essere umano, quanto la sua di lui, o di lei, vita fra noi indica a coloro che si avvicinano all\'incontro, con aperture alte verso gli altri e un ampio senso della vita.

L’articolo originale in lingua inglese del prof. G. Gillet potete trovarlo in http://www.timeoutintensiva.it/ e fare il download del file in .pdf cliccando all’url: http://www.timeoutintensiva.it/archivio/79.pdf


 
tratto dal numero 14