26 luglio 2010 CRONACA DELLA SESSIONE “COSA SOGNANO I PESCI ROSSI” DEL 60° CONGRESSO SIAARTI TENUTOSI A BASTIA UMBRA DAL 10 AL 13 OTTOBRE 2006 dal nostro inviato
dr. ssa M. Francesca Sapuppo
Io oggi sono uno spettatore in attesa come tanti di una sessione un po’ particolare del SIIARTI.
Qui si parlerà di un libro “Cosa sognano i pesci rossi” di Marco Venturino.
E’ un libro scritto da uno di noi su noi, operatori di Terapia Intensiva, sui nostri pazienti e sui loro parenti, una storia di cura di Rianimazione vista dalla parte del paziente, il pesce rosso, e dalla parte del Medico curante, la faccia verde.
Arrivo in una sala semipiena di colleghi. Molti sono con il libro in mano, forse in cerca di un autografo.
La sala è semipiena di donne e semivuota di uomini, e noto ancora che questa è l’unica sessione dove i relatori di sesso femminile sono in maggioranza. Ripenso allora a quello che tante volte dico “gli uomini spesso non vedono dove le donne guardano”.
La delusione: l’Autore, tanto atteso, non ci sarà.
Il primo relatore ci riconduce alla storia medica ormai dimentica delle sue origini filosofiche e sulla necessità di recuperarle per poter continuare ad operare umanamente nella ipertecnologia della Terapia Intensiva.
I successivi relatori Medici ed Infermieri si alternano, c’è un solo unico filo conduttore: lo sguardo.
Lo sguardo attento verso il malato, lo sguardo verso i parenti, lo sguardo verso i curanti.
Ognuno di loro riferisce di se stesso e di citazioni del libro.
Così dalle loro parole:
“bisogna guardare negli occhi i pazienti, i parenti, noi stessi, perché guardandoli poi noi saremo diversi”
“guardare la morte non ci lascia indifferenti, anche quella dei cronici ci trova sempre impreparati”
“imparare a sostenere lo sguardo silenzioso di chi sa che è senza voce, per la tracheostomia, e non si ribella più alla sua storia”
E poi parlano ancora, raccontando il lavoro, raccontando la solitudine del malato in assenza di comunicazione nelle Terapie Intensive.
Espongono ed illustrano sistemi e presidi comunicativi, noti e non noti o inventati, fatti di sillabari e abbecedari, utilizzati per pazienti ancora coscienti ma muti ed immobili.
E poi si sente chi afferma della necessità di parenti con cui costruire alleanze terapeutiche di cura o di accompagnamento alla morte.
C’è tanta Rianimazione in questa sessione!
Apparentemente sembra così lontana da quelle scientifiche che un’Infermiera preoccupata vi ci riconduce, riferendo una ricerca scientifica qualitativa svolta presso il suo Ospedale, con accenno di numeri e percentuali, sulla comunicazione e sui suoi peculiari problemi in Terapia Intensiva.
Tutto o quasi si centra sul paziente, il pesce rosso nell’acquario della Rianimazione, e di come noi dobbiamo essere verso di lui.
E di noi, facce verdi di questa Rianimazione, nessuno o quasi si occupa. Nessuno o quasi dice di quanto ci si può fare male nel nostro lavoro.
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