Tunisi, 28 Aprile 2008
un racconto dedicato a timeoutintensiva da una scrittrice
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Sogno di scrivere un racconto, perfino un romanzo, “la sconosciuta” o forse “le sconosciute”, un romanzo che finalmente metta pace nei miei incubi. Ci sono periodi della mia vita in cui dimentico e periodi invece in cui la questione torna a galla per l’appunto in forma di incubo. Si tratta di una relazione irrisolta tra una donna e una bambina, poi la donna diventa anziana e la bambina diventa una donna ma niente si risolve. Non c’è astio, non c’è tensione , c’è solamente un ignorare la questione: tacere. I miei incubi affondano proprio in questo silenzio, non c’è niente di peggio dell’essere ignorati. Sembra che la questione interessi solamente me, la donna, o, peggio ancora, che la questione non esista e, peggio ancora, che non sia mai esistita una relazione tra la donna e la bambina. Sogno di scrivere per non essere più un fantasma e affinchè le mie parole, nero su bianco, possano finalmente arrivare a destinazione. Sogno di scrivere perché in qualche modo è il mio mestiere. Io so come la parola scritta, la parola narrata possa arrivare al segno. So anche come la grande magia di chi scrive, la sua riflessione e la sua forza, sta nel potere narrare una storia da diversi punti di vista permettendo così a chi legge di vivere l’esperienza completa di un’avventura altrimenti sconosciuta. Raccontare e scrivere è assumersi la responsabilità delle parole ma anche la responsabilità di regalare al mondo una storia raccontata da terzi. Scrivere e raccontare insomma è prendersi una bella gatta da pelare, è rimbalzare al mondo cose e cose che forse e per lo più non si vogliono sentire, è arrogarsi il diritto di pensare che invece quelle cose vale proprio la pena di sentirle e magari ragionarci anche un po’ su.
La sconosciuta
1.
Ada apre la porta e dietro la porta c’è Pia. Ada si piega per stringerle la mano, una mano piccola e un poco fredda. Pia ha un viso pallido e triste, i capelli castano chiari le scendono attorno al viso in disordine, non hanno un taglio preciso. Ada si raddrizza e guarda negli occhi il papà di Pia che tiene la piccina per mano. “Ti occuperai di lei?” sembra chiederle quello sguardo, forse invece semplicemente il padre di Pia sta ad osservare l’incontro. Comunque Ada pensa che lui le chieda di occuparsi di Pia. Così per i dieci anni a seguire, con precisione ed ostinazione, Ada si occuperà di Pia. A questa sua occupazione darà un nome:amore. Amore sconfinato per il padre di Pia e amore dunque per il frutto di quell’uomo adorato. Non crede di dovere chiedere il permesso a nessuno per amare Pia, crede solamente di doverla amare.
2.
Pia tenuta per mano dal padre si è infilata nel lungo corridoio buio che finisce con una porta chiusa. Il padre suona e lei aspetta, sa benissimo cosa deve fare, come deve comportarsi, non è la prima volta che le tocca essere educata con una fidanzata del papà. La porta si apre, una ragazza dai capelli lunghi, lisci e neri si piega verso di lei con un gran sorriso, poi le porge la mano. Una mano ossuta e fredda. Pia spia il padre, lo vede guardare la ragazza con uno sguardo pieno d’amore. Questa è lo volta buona, pensa Pia. Così per i dieci anni a seguire Pia gioca, ride, scherza, va a fare la spesa, si confida, si fa abbracciare e preparare da mangiare da Ada ma a questa cosa non dà nome, perché sa che Ada può sparire da un momento all’altro. Intanto però sono nati un fratello e una sorella, figli di Ada e del padre e lei è un bel po’ gelosa, per fortuna ha una mamma tutta per sé.
3.
Ada, nella città dove vive con il marito e i suoi due figli, ha insistito affinchè ci sia una vera e propria stanza per Pia, un letto per Pia, una scrivania per Pia, dei giocattoli per Pia. E’ una bella stanza, un po’ piccina ma molto accogliente e Ada quando Pia non c’è la usa come studio, per starsene in pace. Ada vorrebbe tanto una stanza tutta per sé dove nessuno possa andare a frugare tra le sue carte segrete ma sa di non averne il diritto, ci sono altre priorità in casa, ci sono i bambini e c’è Pia, perciò tiene le sue carte ammassate sulla scrivania, dentro una grossa cartella di cuoio e, ogni volta che si annuncia l’arrivo di Pia, le sposta nel suo cassetto della biancheria. Dà un nome a tutto questo: amore e dedizione.
4.
Pia ancora una volta è scesa dall’aereo con l’orribile borsettina piatta e grigia al collo con dentro un foglietto con il suo nome. L’hostess la tiene per mano guardandosi intorno alla ricerca del genitore a cui affidare la bambina dallo sguardo triste e annoiato. Deve essere quel signore dall’aria distinta e quella con i due bambini in carrozzina sarà di sicuro la matrigna. Quasi quasi l’hostess non vorrebbe lasciare la bambina. Quasi quasi se la porta a casa e domani la riconsegna alla sua mamma. Una matrigna è pur sempre una matrigna.
5.
Così passano dieci anni. Ada invecchia e Pia diventa un’adolescente docile, sempre disponibile e silenziosa. La gente guarda malignamente a quella strana amicizia tra una donna e una bambina. Ada ci ride sopra e ne va fiera.ù Pia non commenta.
6.
Ada non capisce, non può neanche chiamarla disperazione, è stupefatta, ingannata? Neanche questa parola le sembra appropriata, perché non riesce a capire: lei e il marito non si erano giurati amore eterno? Invece tutto è finito. Adesso Ada è sola con i suoi bambini, sente un vuoto grande come un cratere, non capisce perché lui, lo stesso lui che le aveva chiesto tanto e con tanto amore, adesso fugga in quel modo. Le rimane Pia. Le telefona dalla città lontana in cui si trova: vuole parlare solamente con lei. Solo Pia può capirla perché solo con Pia condivide l’amore per quell’uomo che adesso non vuole neanche vederla.
7.
Suona il telefono ed è Ada. Pia è lontana, in una città di un altro continente, a casa di un’amica. Ascolta Ada parlare, le dice due parole di conforto e poi chiude il telefono: “Mio padre si è lasciato con Ada.” “Ce ne è un’altra?” chiede l’amica. “Boh.” E si passa ad altro.
8.
Passano ancora molti e molti anni, Ada ha incontrato per strada una sconosciuta con una bambina. Ha avuto un sussulto: è Pia…ma ha continuato dritto, Pia non l’ha vista e peggio ancora se l’ha vista non l’ha riconosciuta. Pia ha solamente incrociato una sconosciuta.
Beatrice Monroy Tunisi 28 aprile 2008
Nota a Margine dai Curatori Editoriali di Timeoutintensiva
“La Sconosciuta” è un “regalo” della scrittrice e regista teatrale Beatrice Monroy fatto ai lettori di Timeoutintensiva.it, come momento di riflessione sulla narrazione, sulle sue ragioni e sull’ importanza del “narrare” come atto “terapeutico”.
Per averci donato questo momento di profonda riflessione a Lei va il nostro più sincero ringraziamento.
Breve Biografia dell’autrice tratta dal sito http://www.beatricemonroy.it/
Beatrice Monroy, palermitana, ha vissuto a Napoli, Pisa, Roma, in Francia, negli Stati Uniti.
Le sue passioni:
- la letteratura e raccontarla trasmettendo alla gente l'avventura del leggere.
- la scrittura per il teatro, la scrittura come suono e come verso; per molti anni ha scritto radiodrammi per la Rai imparando così a intrecciare le storie e ad ascoltare il suono delle parole, in particolare ha collaborato con lo spazio radiofonico Audiobox di Pinotto Fava e proprio in questo spazio è andato in onda il poema scritto per la Strage di Capaci "Palermo in tempo di peste", Edizioni della Battaglia.
Ha scritto e scrive per il teatro, rimane per lei fondamentale l'incontro con il regista Walter Manfré per il quale ha prodotto varie piéces tra cui "Omaggio ai corpi incorrotti delle beate", e "La Confessione-Una suora".
Negli ultimi anni ha lavorato con il regista Gigi Borruso e la Compagnia dell'Elica con cui ultimamente ha prodotto: "Portella della Ginestra, indice dei nomi proibiti".
Da molti anni è ritornata a vivere a Palermo, dove ha continuato a scrivere cercando di allontanarsi dai cliché della cultura siciliana che spesso condannano a una scrittura preorganizzata e, soprattutto, si pone l'obbiettivo di indagare "i perché dolorosi" della storia del popolo a cui appartiene.?A Palermo ha fondato e diretto prima il centro l'Atelier e poi Libr’aria ambedue esperienze legate all'insegnamento della scrittura e alla diffusione della letteratura. Con Libr’aria in particolare ha costruito il grande progetto de La notte dei mille racconti.?Attualmente lavora come free- lance, per la diffusione della lettura e della buona letteratura e come scrittrice lì dove è possibile.
Gli ultimi lavori: insieme all'attrice Maria Cucinotti ha raccontato nella Valle dei Templi di Agrigento, dieci grandi storie del mito classico dalle Argonautiche a Virgilio e al Teatro Montevergini di Palermo i racconti ?“Quattro storie criminali”.?Per RaiRadiotre Suite ha curato e scritto la trasmissione Le mille storie dei Mille.
pubblicazioni (Beatrice Monroy)
- Noi, palermitani Edizioni Marietti
- Interviste a palermitani andati via e a palermitani rimasti, nella prefazione un'intervista a Leoluca
- Orlando prima della Primavera Palermitana
- Palermo in tempo di peste Edizioni della Battaglia
- Poema teatrale in memoria delle vittime della strage di Capaci
- Barbablù il volo/il delitto Edizioni della Battaglia
(tradotto in francese da Michael Gluck)
- Portella della Ginestra-indice dei nomi proibiti – edizioni Ediesse
Racconti nelle riviste:
- Margini - Palermo
- Marea - Genova
- Segno - Palermo
- Mesogea - Messina
- The Open Page - Hostelbro (DK)
Racconti e testi teatrali in:
- Il teatro narrato - Kals’art - Palermo
- Storie d’amore - L’ancora del Mediterraneo - Napoli
- Storie di due - Ed. della Battaglia -Palermo
- Altre scomparse di Patò - Ed. della Battaglia - Palermo
- Omaggio ai corpi incorrotti delle Beate regia di Walter Manfrè
- Una suora (La confessione) - regia Walter Manfrè - Edito Histryo
- La maldicenza menzione al Convegno di drammaturgia femminile - Firenze
- Il contagio finalista premio per la drammaturgia per l'impegno civile E.M. Salerno-Roma
- La veglia per la buonanima del Principe regia Vetrano - Randisi
- Margherita e lui
in prima alla Biennale del teatro di Roma
- Destini, regia di Gigi Borruso e la versione francese di Barbablù: il volo/ il delitto
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