numero 14
26 luglio 2010
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DIARIO DI BORDO OSSERVAZIONI SULL’ORGANIZZAZIONE E LE DINAMICHE DI UN REPARTO DI RIANIMAZIONE
Daunia Corbo e Antonella Postorino
 



Il presente lavoro è stato eseguito all’interno del tirocinio pratico del Master per Medici e Psicologi in Emergenza – Esperti in Traumatic Disaster Management, organizzato da Eureka – UNISOM (Consorzio Universitario per l’Ateneo della Sicilia Occidentale e il Bacino del Mediterraneo, Università degli Studi di Palermo).
E’ stato svolto presso un reparto di Rianimazione da due tirocinanti Daunia Corbo (Psicologo clinico, Psicodiagnosta Rorschach, specializzanda in psicoterapia cognitivo-comportamentale) e da Antonella Postorino (Psicologo clinico).
Nota: questo testo, scritto da Operatori in formazione, ha valore documentale per conoscere quali sono alcune delle prime impressioni che suscita l’ambiente e il lavoro di Terapia Intensiva in Operatori, non dediti alla Medicina Intensiva, che per la prima volta entrano in contatto con la Rianimazione.

“Finché la barca và lasciala andare”
Autore sconosciuto”


(1° settimana)
18/09/2006
1° giorno
Ore: 8,30-10,30
L’IMPATTO E IL SETTING: Il passaggio dal pronto soccorso alla rianimazione ha esaltato il diverso clima emotivo e l’atmosfera lavorativa che si respira tra i due reparti. Il tempo rallenta subendo una brusca frenata.
In questo primo giorno emerge l’estrema organizzazione che caratterizza il reparto di rianimazione. Essa va dall’organizzazione del lavoro d’equipe, alla strutturazione fisica dei locali, provvisti di mobili che si caratterizzano per la razionalità di catalogazione dei vari materiali che, sistemati nei diversi armadietti, riportano all’esterno delle targhette indicanti ciò che all’interno ogni scaffale contiene. La stessa razionalità di catalogazione vale per la stanza dei medicinali. Appare chiaro che tutto il setting operativo è strutturato per velocizzare al massimo (es. porte sempre aperte) il lavoro in emergenza.
La giornata inizia con la discussione dei casi clinici da parte dei medici, la “consegna” fra il medico che termina il turno e quello che lo inizia, mentre gli infermieri procedono alla pulizia dei degenti, alcuni dei quali rispondono prontamente agli stimoli esterni.
Preferiamo non entrare in Sala Degenti e osserviamo la pulizia dei pazienti attraverso il vetro, dalla Sala Monitor. Ciò che caratterizza il reparto sembra essere il “sonoro”: il rapporto tra il personale e i pazienti è mediato dai macchinari che, tramite la grafica dei monitor, informano sulle condizioni dei pazienti, segnalando ogni possibile minima variazione dei parametri vitali verso un peggioramento con suoni specifici.
Particolare e inaspettata è stata a questo proposito la reazione di un paziente che, stimolato da un contatto oculare piuttosto asettico in quanto filtrato dal vetro, reagisce con un sorriso e un saluto con la mano. La nostra presenza, che sembra per noi “neutrale e invisibile”, è stata notata dal paziente e anche gradita. L’attività del Reparto si conclude per noi, osservatrici silenziose, con la visita dei pazienti da parte dei medici coadiuvati dagli infermieri.
È interessante notare come in alcuni pazienti le manovre di nursing siano anticipate dalla variazione di alcuni parametri vitali, come la pressione arteriosa: il suono dell’innalzamento della pressione potrebbe essere il segnale di un’ansia anticipatoria.


19/09/2006
2° giorno
Ore: 8,30-10,30
LA ROUTINE: La giornata di oggi si è svolta con l’osservazione della routine giornaliera del Reparto che dalle otto alle dieci appare incentrata sull’accudimento dei bisogni fisici dei degenti.
Ciò che colpisce in modo immediato è la mancanza di privacy e il senso si spersonalizzazione che riflettono le condizioni dei pazienti: uomini e donne nella stessa stanza, nudi, ridotti a corpi senza anima.
Non abbiamo ancora il coraggio di entrare nella sala degenti: durante la pulizia dei pazienti svegli, pensiamo che loro non gradiscano essere guardati. Quindi osserviamo attraverso il vetro l’importanza della pulizia, sia da un punto di vista medico, per l’igiene, sia da un punto di vista relazionale nel momento in cui i pazienti vengono accuditi dagli infermieri e dagli ausiliari.
Il contatto infermiere-paziente passa attraverso diverse stimolazioni, che vanno da quelle fisiche a quelle uditive, intendendo con ciò sia l’interazione verbale che l’ascolto passivo delle voci degli infermieri che riempiono le sale con la loro presenza. La sensazione a volte è quella di una eccessiva confusione dovuta anche al burn-out del personale, che sembra essere connesso alle carenze di gratificazioni e di materiali da parte dell’organizzazione. Interessante notare come in una delle due sale di degenza la presenza della musica sembra avere un effetto rilassante sugli infermieri.


P.S. Oggi ha luogo il primo approccio con i familiari di un paziente “psicosomatico” (con grave patologia infiammatoria dell’intestino) che tentano di creare con noi un rapporto privilegiato per avere informazioni sulle condizioni del figlio al di fuori dell’orario di visita. Il padre mostra un’espressione e un tono rassegnato, la madre, ansiosa e combattiva, riferisce che i medici la evitano e non le permettono di entrare fuori orario come le era consentito prima. Dopo averli ascoltati e manifestato comprensione per il loro caso abbiamo riferito che, non essendo medici, non potevamo dare loro informazioni sulle condizioni fisiche del figlio e li abbiamo rassicurati dell’efficienza dei medici del reparto.


20/09/2006
3° giorno
Ore: 8,30-10,30
LA SALA DEGENTI: Oggi per la prima volta siamo entrate nella sala degenti. L’effetto è stato diverso per ognuna di noi.
Antonella riporta un coinvolgimento emotivo maggiore rispetto a quello avuto attraverso il vetro: la visione ravvicinata dei pazienti, la percezione degli odori, il dialogo con gli infermieri sullo stato e la storia dei casi, hanno avuto su di lei l’effetto che può essere paragonato a quello di chi, percorrendo ogni giorno la stessa strada, passa dalla guida della macchina, in cui si è chiusi e il contatto percettivo con l’esterno è mediato da un vetro, alla guida in moto in cui l’assenza di protezione rende la stessa strada diversa e il viaggio più intenso e coinvolgente. Se da un lato il dialogo con le infermiere, durante l’accudimento dei degenti, il vederle operare da vicino ha aumentato in lei l’ammirazione nei confronti di questa professione d’aiuto, quella infermieristica, dall’altro guardare da vicino un paziente in fase terminale porta la mente di Antonella lontano mille miglia da noi lasciandola con lo sguardo appannato e senza parole. Questo contatto ravvicinato la porta a riflettere sullo stretto confine tra la vita e la morte, la sofferenza, la dipendenza dai macchinari, l’eutanasia.
Per Daunia il vetro non è mai esistito non avendo mai avuto su di lei un effetto filtro, almeno non psicologico. Le considerazioni ed i pensieri che questo reparto ha da subito elicitato in lei sono connesse al tema della morte e della sofferenza e al rifiuto di essa. Entrambe abbiamo superato l’imbarazzo ad entrare nella stanza dei degenti. C’è un nuovo paziente, un uomo ustionato al 75%. Ha il volto coperto, non c’è cartella clinica, il suo nome non compare… i familiari di altri pazienti collegano il suo anonimato ad un possibile caso di “Chi l’ha visto” ma i medici tranquillizzano dicendo di conoscere la sua identità ma intanto sembra essere un corpo senz’anima. L’impatto emotivo degli infermieri è forte soprattutto durante la sua pulizia. Pensiamo che oggi sia il primo vero giorno di tirocinio.


21/09/2006
4° giorno
Ore: 8,30-10,30
GLI INFERMIERI: Oggi la nostra presenza sembra aver stimolato in qualcuno degli infermieri aspetti persecutori inerenti l’organizzazione. Ciò si manifesta a volte con toni moderati e, in alcuni casi, tramite curiosità circa lo scopo della nostra presenza in Reparto; altre volte con toni più aggressivi e perentori con l’esplicita richiesta di riferire ai “capi, lassù” il loro desiderio di essere trasferiti, nonostante avessimo già spiegato che non siamo qui per questo, non essendo state inviate dall’istituzione. Rimane il dubbio di avere involontariamente provocato questa reazione scrivendo in loco, anche se al di là del vetro, la relazione sulle osservazioni della giornata. Uno di questi infermieri è stato particolarmente aggressivo e offensivo con la dottoressa di turno lamentando, durante l’orario di visita dei medici, la sua presenza in sala degenti in quanto non aveva ancora ultimato le pulizie dei pazienti.

P.S: la barchetta…
Nella Sala Monitor, notiamo una piccola barchetta di carta, probabilmente lasciata da qualcuno che ha fatto il turno di notte. La barchetta, fatta con un foglio ripiegato, come quelle con cui giocavano i bambini ai tempi dei nostri genitori, riporta la scritta: “Finché la barca và lasciala andare..” Questo reperto dalla forma ludica contenente un messaggio, come quello che potremmo trovare nelle bottiglie lanciate in mare dai naufraghi, stimola la curiosità di Antonella sul significato attribuitovi dallo scrivente e la porta a lanciarsi in fantasiose interpretazioni. Per lei, l’autore del messaggio paragona la barca e il suo viaggio alla vita e al suo scorrere, per Daunia, più pragmatica, rappresenta l’auspicio che i monitor non comincino a squillare…


22/09/2006
5° giorno
Ore: 8,30-10,30
COLLOQUIO CON IL PAZIENTE: Oggi il caso che ci ha più colpito è quello di un signore che nei giorni precedenti abbiamo visto in condizioni peggiori. Quasi sempre addormentato o particolarmente agitato durante le manovre di nursing (es. broncoaspirazione) a cui corrispondevano i picchi della pressione segnalati dal monitor, che in certi momenti arrivava a 250, cosa che non capitava ad altri pazienti e che segnalava in lui una possibile ansia anticipatoria.
Osservando l’assenza dei numerosi tubi, da cui era afflitto nei giorni precedenti, ed essendo il paziente sveglio e dallo sguardo ricettivo, ci avviciniamo ed abbiamo la possibilità di conoscerlo meglio. La prima domanda che Daunia scherzosamente gli rivolge, e che non è riesce a trattenere è, se è una persona ansiosa. Questa domanda centrando il bersaglio mette a proprio agio il paziente che sentendosi capito spontaneamente racconta la sua storia clinica che appare immediatamente caratterizzata da una sintomatologia post-traumatica da stress.
Ricoverato in Ospedale per una melena ciò che è stato interessante riscontrare, dal “nostro” punto di vista, è che tale signore è tutt’oggi in cura da uno psicoanalista non solo in quanto ansioso, ma perché da quando, circa 12 anni prima, era stato bruscamente svegliato alle 2 di notte da una telefonata che gli annunciava la morte della madre, ogni notte alle 2 torna a svegliarsi. Il trauma è rimasto incistato nella sua mente e continua a farsi sentire...


(2° settimana)
25/09/2006
6° giorno
Ore: 16-18
LA COMUNICAZIONE AI FAMILIARI E LA VISITA DEI PARENTI: Il pomeriggio inizia per noi con l’osservazione della comunicazione da parte del medico delle condizioni dei pazienti ai familiari. Oggi questa risulta, a detta dello stesso, particolarmente breve a causa della presenza di un paziente grave in reparto, le cui condizioni critiche necessitano un controllo costante. Alcuni familiari non sembrano recepire la gravità di quanto viene loro riferito e per questo fanno ulteriori domande la cui risposta li lascia comunque dubbiosi.
La visita dei pazienti è caratterizzata da atteggiamenti contrastanti, mediati probabilmente da fattori culturali (famiglia italiana v.s. famiglia della Costa D’Avorio). Le attenzioni dei familiari, soprattutto da parte delle donne, sono incentrate sulla cura fisica del paziente (pulizia e massaggi delle mani, dei piedi, ecc..) e appaiono una fisiologica regressione al comportamento di accudimento madre-bambino. Non solo la presenza ma anche l’assenza dei familiari stimolano in noi delle riflessioni e dei comportamenti. Ad es. ci è viene spontaneo avvicinarci durante l’orario di visita all’unico paziente sveglio e solo, per fargli compagnia. Mentre scriviamo la relazione ecco un’incursione della madre del paziente “psicosomatico” che non contenta della visita conclusasi da circa 10 minuti è dovuta entrare per “controllare il figlio”.


26/09/2006
7° giorno
Ore: 16-18
DINAMICHE FAMILIARI PERVERSE: Il peggioramento del paziente “psicosomatico”, necessitando del consulto specialistico chirurgico e di manovre di contenimento volte ad arginare le complicazioni cui sta andando incontro, condiziona nel pomeriggio le attività di routine del reparto, spostando in avanti e restringendo sia il tempo dedicato dal medico alle comunicazioni delle condizioni dei pazienti ai familiari sia quello di visita. La spasmodica ricerca di informazioni e rassicurazioni impossibili (vista la consecutio temporum) circa le condizioni del figlio da parte della madre iniziano già prima di entrare in reparto davanti ai battenti della rianimazione. L’osservazione delle pesanti dinamiche familiari della famiglia durante l’orario di visita, le cure irrispettose e maniacali che la madre rivolge al figlio, che reagisce con smorfie di dolore, rendono comprensibile del perché questo ragazzo di 30 anni, da mesi ricoverato in rianimazione e che ormai dimostra il doppio della sua età,sia fisicamente che mentalmente, non abbia nessun interesse all’ingresso dei familiari.


27/09/2006
8° giorno
Ore: 16-18
IL RUOLO DEL CIBO: Anche oggi il contatto con i familiari, in particolare con la madre del paziente “psicosomatico”, comincia fuori della porta del reparto di rianimazione. Da lei apprendiamo che il figlio, di notte, è stato operato all’addome che è stato lasciato aperto in un’estrema manovra salvavita, tuttavia la signora ci chiede insistentemente se può portargli il gelato. Il valore attribuito al cibo dalla madre rappresenta la speranza di un miglioramento delle condizioni fisiche del figlio. Inoltre il passaggio dall’alimentazione parenterale a quella normale, in cui il cibo torna a rappresentare anche un veicolo di affetto, le consentirebbe di riappropriarsi delle funzioni di accudimento anche di tipo affettivo del figlio. Queste considerazioni hanno luogo all’interno di una discussione che coinvolge oltre noi, due nostri colleghi venuti a trovare il paziente e i due medici di turno. La giornata per noi si conclude con l’osservazione del diverso stile di comunicazione e cambiamento di regole che caratterizza lo stile di comunicazione del rianimatore oggi designato a parlare con i familiari, e la visita dei parenti ai pazienti.

28/09/2006
9° giorno
Ore: 16-18
LO SVEZZAMENTO: Oggi il nostro arrivo in reparto non è turbato da nessuna notizia spiacevole da parte dei familiari. Tutto sembra procedere per il meglio addirittura qualcuno è stato dimesso. Nel caso specifico le dimissioni di un paziente, che è finalmente riuscito ad attuare lo svezzamento dalla respirazione artificiale, ha attivato dinamiche depressive nella vicina di letto che invece non riesce a svezzarsi mostrando una forte dipendenza dal respiratore. I cenni con le mani da lei compiuti volti a richiamare l’attenzione degli infermieri, sono accolti da noi che cerchiamo con il colloquio di contenere lo sconforto della paziente che guarda ripetutamente piangendo nella direzione del letto del vicino ormai vuoto. La successiva presenza delle figlie risolve, almeno per la durata della visita, la situazione sciogliendo la tensione della signora anche attraverso manovre di accudimento fisico quali massaggi con unguento profumato.

29/09/2006
8° giorno
Ore: 16-18
NON SOLO CORPO: A distanza di 2 settimane di tirocinio osserviamo che il passaggio dallo stato di coma allo stato vigile dei pazienti complica la relazione tra pazienti e infermieri, inducendo quest’ultimi ad assumere a volte atteggiamenti noncuranti verso le loro richieste. Ciò si spiega in taluni casi con l’eccessiva richiesta di accudimento, cure e bisogno di attenzioni da parte dei pazienti e in altri con l’insofferenza degli infermieri che non accudiscono più solo un corpo ma l’intera persona.

CONCLUSIONI

Il nostro viaggio si conclude dopo avere stimolato in noi molteplici riflessioni sulle modalità di conduzione di un Reparto di Rianimazione che prevede l’accesso del parente sia in reparto che al letto del malato. Tale stile organizzativo mostra di tener conto degli aspetti psicologici del paziente, del valore della motivazione a guarire e pertanto vede medici e infermieri agire di conseguenza considerando il paziente e la sua famiglia membri di un’unità familiare e non entità separate durante la malattia: medici, infermieri, pazienti e familiari si ritrovano così sulla stessa barca nel viaggio della vita animati da una profonda speranza!
 
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