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N° 13, Aprile 2010, Focus
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Ci sono voluti parecchi anni per
capire che Medicina Critica non è soltanto una storia di successi , di spettacolare tecnologia, di
Medicina Innovativa, ma le ICU
sono anche il posto in cui avviene la morte.
E allora la domanda da porsi è: prestiamo abbastanza
attenzione al modo in cui i nostri pazienti stanno morendo, dopo che i nostri
migliori trattamenti alla fine sono falliti? Ci prendiamo cura dei familiari,
siamo capaci di aiutarli?
Le prime iniziative sono giunte dagli USA. In un articolo lungimirante pubblicato nel NEJM
nel 1976 da Henning
Pontoppidan propose una classificazione delle terapie basata sulla prognosi del
paziente, in 4 classi:
A: massimo della terapia senza
alcuna restrizione
B: massimo della terapia con
rivalutazione quotidiana
C. limitazione selettiva delle
terapie salvavita
D: Interruzione di tutte le
terapie.
Successivamente sempre negli
USA, il dibattito , si focalizzò sul “terminal weaning” , termine
coniato da Ake Grenvik nel 1983 quando descrive il modo di ridurre gradualmente
tutti i parametri respiratori finchè non arriva la morte.
Inizialmente, tutte le
discussioni sul sospendere o non intraprendere le misure di sostegno vitale
sembravano essere guidate principalmente dall’idea che la maggior parte dei
supporti ICU alla fine della vita fossero “ futili”, visti come uno spreco di
risorse preziose e limitate.
Infine un documento congiunto
delle 2 più autorevoli corporazioni
professionali: la Society of Intensive Care ( SCCM) nel 1990 e l’American
Thoracic Society (ATS) nel 1991 trasmetteva 2 messaggi basilari:
-primo, agli Intensivisti dovrebbe essere permesso di
interrompere trattamenti inutili quando giudicati futili;
- secondo, il paziente o il suo rappresentante è la fonte
dell’autorizzazione.
La situazione è certamente diversa in Europa. Questi problemi sono stati discussi apertamente solo recentemente. La prima
posizione ufficiale dell’ESICM è stata pubblicata nel 2004, riassumendo una consensus conference svoltasi
nell’aprile del 2003. Il divario
più ampio fra Europa e USA riguarda le decisioni da prendere in ICU quando il
paziente non è in grado di esprimere il proprio volere ( è incompetente).
Mentre nel Nord America l’autorità di prendere decisioni al posto di pazienti
incompetenti rimane dei familiari
o dei conviventi (Critical Care Society 1990), in Europa si ritiene che i clinici abbiano
l’ultima responsabilità di prendere decisioni in relazione alla “fine-vita”
(Carlet et Al. 2004). Tuttavia i medici, da entrambi i lati dell’Atlantico,
sembrano (sperano?) muoversi verso un modello di “decisione condivisa”,
Le Società Scientifiche Europee
nel 2006 (BOLES) hanno emanato dichiarazioni condivise riguardo le
decisioni di fine-vita :
v Riconoscere la necessità di limitare i supporti
vitali ICU, in determinate situazioni cliniche.
v Dare frequenti informazioni ai familiari.
v Consenso fra medici e paramedici.
v Relazione della discussione/decisione sulla cartella
medica
v Le decisioni sulla fine-vita sono responsabilità
del medico.
v Applicazione di strategie con cure palliative.
v Fare chiarezza sulla differenza tra astenersi
dall’inserire supporti vitali ed eutanasia.
Parallelamente alla stesura di
regole condivise e linee guida, gli Intensivisti Europei hanno sondato il
proprio modo di comportarsi riguardo le strategie di fine vita. Vi è un ovvio
gradiente tra i paesi più a Nord e quelli più a Sud: vengono prese più decisioni
di fine vita in UK e Scandinavia che in Spagna o in Italia. In Spagna queste
decisioni sono documentate nel 37% delle morti, come riferito da Esteban ed
AL.( 2001) e molto meno il Italia dove la percentuale è solo del 10% in
Lombardia ( Giannini ed Al. 2003).
Sono stati intrapresi parecchi
studi : La differenza tra nord e
sud Europa riguardo alle decisioni di fine-vita è stata ulteriormente
documentata e si osserva che la religione dei medici curanti è una delle principali cause di questa differenza,
seguita dal retroterra culturale e spirituale.
Un ulteriore aspetto critico è
legato al fatto che cure intensive, decisioni di fine vita e giustizia non sempre combaciano.
Una questione trattata dall’International Consensus Conference ( Carnet ed Al.
2004) fu il problema delle implicazioni legali in relazione alle decisioni di
fine-vita nei paesi Europei.
La dichiarazione
finale della Conference fu: “ pratiche mediche ampiamente accettate
nelle procedure di fine-vita possono non
essere sostenute dai tribunali, e una quantità significativa di
Intensivisti riconosce che la
preoccupazione di eventuali vertenze influenza le loro decisioni sulle
limitazioni terapeutiche”.
Purtroppo le legislazioni nazionali non prendono in considerazione le
situazioni specifiche delle TI: sospendere
la ventilazione meccanica può essere considerato omicidio e il medico può
essere denunciato. Nel recente caso Welby, in Italia, il giudice non ha
dato il consenso all’interruzione della ventilazione meccanica, contro il
volere del paziente, malgrado la legge italiana condanni “l’accanimento
terapeutico”. Nel Regno Unito la legge ha cercato di affrontare il
problema nella maniera più appropriata e pertinente. A Londra la corte rifiutò
al marito di Diane Pretty di interrompere attivamente la sua vita, malgrado lei
sarebbe morta presto per una patologia neurologica degenerativa progressiva ed
irreversibile, una decisione successivamente confermata dalla Corte di
Strasburgo sui Diritti Umani. Ma lo stesso anno, la signora B ottenne la disconnessione
dal ventilatore , contro il volere dei suoi medici curanti, perché, come disse
la Corte, “ un paziente competente ha il diritto di
rifiutare i trattamenti medici per qualsiasi ragione, razionale o irrazionale,
o senza alcuna ragione affatto, anche se questa decisione può portarlo a morte”.
-Per
tornare al versante etico
La
principale controversia , in relazione alla partecipazione
dei familiari nelle decisioni di
fine vita ,contrappone il concetto di Autonomia
in cui la decisione porta i familiari ad essere visti come sostituti e Paternalismo in cui i medici sono visti
come gli unici depositari della decisione.
Attualmente,nell’ottica
di promuovere cure centrate sulla famiglia, sta crescendo il modello di operare decisioni condivise, equilibrando il diritto dei familiari a
decidere e il loro bisogno di essere accuditi e confortati .
In uno
studio effettuato in 6 ICU canadesi riguardante 243 familiari di
pazienti morenti, fu descritta una ampia varietà di atteggiamenti dei familiari
sul desiderio di essere coinvolti nel prendere decisioni in prossimità della
fine della vita. L’8.4% preferi’ lasciare ogni decisione ai medici, l’1.2%, preferirono prendere la
decisione da soli, gli altri assunsero posizioni intermedie.
In definitiva possiamo affermare che tutti
gli studi evidenziano l’esigenza di scelte condivise che porta a
focalizzare l’attenzione sul concetto di cure centrate sulla famiglia
.In questa ottica la comunicazione assume un ruolo fondamentale
secondo un modello di flusso
informativo reciproco che consente ai curanti di somministrare cure adeguate ai desideri del
paziente e dei suoi parenti,
COMUNICAZIONE
L’argomento
è complesso perché la comunicazione coi familiari si configura come un vero lavoro di equipe.
In uno
studio descrittivo che utilizzava un questionario ,Heyland ha trovato un più alto grado di soddisfazione dei
parenti nel rapporto con gli infermieri piuttosto che con i medici. Questo
risultato sottolinea l’importanza del coinvolgimento degli infermieri nella
comunicazione . Anche i giovani medici devono essere coinvolti nella
comunicazione con i familiari. In un altro studio prospettico multicentrico
randomizzato 220 familiari di pazienti di 11 ICU francesi ricevettero
informazioni da medici giovani ed anziani. Nessuna
differenza fu riscontrata tra i
familiari riguardo la comprensione, la soddisfazione o l’incidenza di ansietà o
depressione. Tuttavia alcuni dati suggeriscono che cultura, valori personali e diversa formazione
influenzano la capacità di comunicare.
Chiunque sia a comunicare coi familiari in
ICU , il punto più importante sembra essere la coerenza dell’informazione
fornita ai familiari dai differenti curanti
.
Si fa strada l’idea di coinvolgere i parenti
introducendo la” FAMILY CONFERENCE”
:
cioè
organizzando, in prossimità della fine-vita, incontri strutturati che comprendono i curanti e i membri della famiglia.
Si
dovrebbero utilizzare i seguenti suggerimenti per organizzare una conference,
riassumibile in una struttura prima-durante-dopo.
Ø preparare
il team( dati aggiornati sui pazienti e i parenti, soluzione di eventuali
conflitti all’interno del team, valutazione psicologica), preparare la
famiglia ( valutazione della conoscenza della famiglia, identificazione di eventuali
conflitti team-famiglia), preparazione dell’incontro ( luogo, tempi e
fissare gli appuntamenti).
Ø Preparare una scaletta che include una breve introduzione (
presentazione di tutti i partecipanti presenti all’incontro, rassicurazione e
creazione di un clima di fiducia), discussione circa le condizioni del
paziente( comprese diagnosi e prognosi) e il trattamento ( compresi
gli scopi della cura, potenziale passaggio dalle cure al prendersi cura e
sospensione o astensione da trattamenti futili), discussione sulle
preferenze del paziente, valori ed opinioni. Le capacità di
comunicazione terapeutica dovrebbero essere usate( con riflessione e pause,
permettendo ai familiari di parlare, di porre domande, di esprimere le loro
emozioni) , le trappole della non-comunicazione ( cattiva comunicazione)
dovrebbero essere tenute a mente, dovrebbero essere evitati termini tecnici e
spiegazioni dettagliate.
Ø Alla fine della family conference i medici
dovrebbero controllare che siano stati soddisfatti i bisogni dei parenti, e
quindi riassumere i punti principali e il piano successivo( eventi
attesi, l’incontro successivo), confermando la disponibilità degli operatori
di TI .
Sono state individuate BARRIERE, che possono
diventare OPPORTUNITA’di miglioramento, PER COMUNICARE COI FAMILIARI DI UN
PAZIENTE MORENTE IN ICU :
FORMAZIONE dei clinici nella comunicazione e cure fine-vita
L’insufficiente
capacità dei clinici a comunicare è probabilmente la principale spiegazione della scarsa comunicazione
coi familiari di pazienti morenti ma è anche l’elemento chiave per il suo
miglioramento.
COMUNICAZIONE INTERDISCIPLINARE dentro il team ICU
Cura
interdisciplinare, specialmente la collaborazione tra medici ed infermieri,
è un componente centrale sia della Medicina Critica che della Medicina
Palliativa . Tuttavia questo approccio è molto limitato in molte ICU, specie
dei paesi del sud Europa dove gli infermieri sono meno coinvolti nelle
decisioni di fine-vita rispetto ai paesi del nord America. Differenze nel
retroterra culturale, sistema sanitario nazionale possono spiegare la mancanza di un approccio
multidisciplinare nelle cure di fine-vita, portando ad una giustapposizione di
curanti (Lavoro parallelo senza incontro), a una frammentazione delle
cure prestate e ad una distorsione delle informazioni.
DIFFERENZE LINGUISTICHE E CONTESTO CULTURALE: in alcune realtà le differenze linguistiche
rappresentano, nella pratica quotidiana, il maggior ostacolo alla comunicazione
tra familiari e curanti, specie nel processo decisionale che porta alla
decisione di sospendere i trattamenti intensivi e intraprendere le cure di
fine-vita.
Sembra
meno ovvio rispetto alle barriere linguistiche , ma anche le differenze
culturali possono essere un ostacolo alla comunicazione tra famiglie e
professionisti ICU che possono avere un diverso retroterra culturale e
diversi principi etici. Anche
il retroterra culturale e spirituale dei curanti interferisce nelle
decisionidi fine-vita.
Infine
la differenza di conoscenze mediche tra familiari e curanti ICU
rappresenta un altro ostacolo alla comunicazione , perfino nello stesso
contesto culturale.
La
mancanza di conoscenze sulle Emergenze, sulla Rianimazione, e sull’ambiente ICU
presso il pubblico in generale da un lato determina aspettative inadeguate,
perfino non realistiche sulla tecnologia ICU, dall’altro porta a una sempre più
grande differenza tra ciò che i familiari immaginano e quella che è la reale
pratica quotidiana degli operatori ICU. Più informazioni e una migliore
educazione del pubblico su possibilità e limiti della Medicina Critica può
aiutare a superare questo gap e facilitare la discussione sulle decisioni di
fine-vita .
MANCANZA DI TEMPO DEDICATO ALLA
COMUNICAZIONE
La mancanza
di tempo è vista come la principale barriera alla comunicazione dagli
operatori di TI, sia medici che infermieri. Il cambiamento nella mentalità e
nelle attitudini dei curanti ICU è il punto critico. Oggi è cresciuto il
concetto di comunicazione coi familiari attraverso cure “centrate sulla
famiglia”, e il tempo dedicato ad essa è ormai importante nella pratica
quotidiana. L o sviluppo delle family conferences in prossimità delle decisioni
di fine-vita ha incrementato il tempo assegnato alla comunicazione. Per questo, la comunicazione con i familiari non è
più vista come un compito compassionevole, facoltativo ma come una responsabilità necessaria del team
ICU.
Infine,
dal momento che sia i familiari che i curanti chiedono più tempo per comunicare
fra di loro, un’altra possibilità di facilitare questa interazione potrebbe
essere aumentare il tempo di visita in ICU. In accordo con i principi di
cura centrata sulla famiglia, le politiche di visite “open” permettono alle famiglie di spendere più tempo con i
propri cari malati e si pensa accrescano la soddisfazione dei familiari.
Tuttavia, queste politiche sono attualmente oggetto di dibattito e usate in
maniera variabile presso le ICU dei vari Paesi.
Si è
visto che queste politiche possono danneggiare la qualità del rapporto tra team
e familiari se i parenti sono vissuti dagli infermieri come ostacoli al loro lavoro quotidiano.
Qualsiasi sia la politica dell’Unità
operativa sulle visite, questa comunicazione deve essere organizzata con visite
che si ripetano nelle 24 h, almeno per i parenti di pazienti morenti, e con
family conferences regolari e intensive.
CONCLUSIONI
La
comunicazione con le famiglie è stata considerata un importante progresso negli
ultimi 25 anni. I familiari non sono più considerati come semplici visitatori
in ICU e comunicare con loro è
un compito interamente affidato agli operatori di TI. Supportare efficacemente le strategie di
comunicazione intensiva, attraverso family conferences e brochure informative, è fondamentale per
migliorare la comunicazione con essi. Quindi, la comunicazione coi familiari
in ICU ha conquistato credibilità scientifica e oggigiorno è considerata un
obiettivo prioritario per
raggiungere l’eccellenza nelle cure di fine-vita in ICU.
Il Dibattito si articola in due articoli sempre in FOCUS
Il primo:
Fine Vita: CHI DECIDE, COME ? Prima Tranche di discussione tra gli intervenuti
Il secondo:
Fine Vita: ALTRE
REALTA’ FUORI DALLA TERAPIA INTENSIVA, Seconda ed Ultima Tranche di discussione
In Racconti
a Margine trovate i racconti narrati durante l’introduzione al dibattito:
L’ALLEANZA DI CURA ED ALTRO RACCONTO
di
M.Francesca Sapuppo
“L’UNICA POSSIBILITÀ DI SALVARSI”
Di
M.Francesca Sapuppo
“LEI DETENUTA NEL SUO CORPO”
Di
M.Francesca Sapuppo
Buona Lettura.
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