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Out of border

In questo Sito che parla spesso di sofferenza, di dolore, di morte e malattia, di come alleviarla e prendersene cura, Out of Border rappresenta un guardare oltre il confine, e per un attimo, attraverso una fotografia, poche righe, favole, musica, racconti, un video o una poesia, vivere un momento di gioia, di riflessione, di interesse...

I Tulipani

07 Aprile 2011  

Autore: poesia di Silvia Plath Video: Guarda il video Il trailer,in inglese, è tratto dal film “Sylvia” del 2004, che narra la storia d'amore realmente avvenuta tra Sylvia Plath, un'influente poetessa americana (Boston, 27 ottobre 1932 – Londra, 11 febbraio 1963) e suo marito Ted Hughes, un poeta inglese. Il film comincia con il loro incontro a Cambridge nel 1956 e finisce con il suicidio di Sylvia Plath nel 1963... Il volto angelico e bon ton di Gwyneth Paltrow è quello di Sylvia Plath. Una vita di alti e bassi tra psicoterapia e elettroshock, manie e depressioni, lei esuberante e ossessionata, schizofrenica, masochista, misogina, (o femminista?), oppressa, paranoica. E geniale. Christine Jeffs, regista del film, dice di aver voluto la Paltrow a tutti i costi. Un personaggio complesso, difficile, affascinantissimo, emotivamente faticoso da interpretare, come l'attrice stessa ha confessato. Nella Foto Ted Hughes e Sylvia Plath

I Tulipani
poesia di Silvia Plath

Sylvia Plath (Boston, 27 ottobre 1932 – Londra, 11 febbraio 1963) è stata una poetessa e scrittrice statunitense.
Conosciuta principalmente per le sue poesie, ha anche scritto il romanzo semi-autobiografico La campana di vetro (The Bell Jar) sotto lo pseudonimo di Victoria Lucas. Afflitta per tutta la sua vita da un disturbo bipolare morì suicida l' 11 febbraio 1963
La lapide sulla tomba reca incisa una frase di un testo buddista:
“ Anche tra fiamme violente si può piantare il Loto d’oro”.
Nel 1982, Sylvia Plath divenne la prima poetessa che vinse il Premio Pulitzer dopo la propria morte (per The Collected Poems).

Questa poesia, I Tulipani fu ispirata dall’esperienza ospedaliera conseguente ad un ricovero, che Sylvia Plath subì per essere sottoposta ad una brutta appendicectomia. La compose a gran velocità come chi scrivesse una lettera urgente. Da allora in poi tutte le sue poesie furono scritte in questo modo e il tempo che le restò da vivere non fu esagerato.

I Tulipani

... I tulipani sono troppo eccitabili, è inverno qui,
guarda quanto ogni cosa sia bianca, quieta e innevata.
Imparo la pace, mentre si posa quieta a me vicina
come la luce su questi muri bianchi, questo letto, queste mani.
Non sono nessuno; niente a che fare con le esplosioni.
Ho dato il mio nome e i vestiti alle infermiere
la mia storia all'anestesista e il mio corpo ai chirurghi.
Hanno appoggiato la mia testa tra cuscino e bordo del lenzuolo
come un occhio fra palpebre bianche che non si chiuderanno.
Stupida pupilla, di tutto deve fare incetta.
Le infermiere passano e ripassano, non disturbano,
passano come i gabbiani verso terra nelle loro cuffie bianche,
facendo cose con le mani, uguali l'una all'altra,
così che è impossibile dire quante siano.
Il mio corpo è un sasso per loro, vi si apprestano come l'acqua
ai sassi sui quali deve scorrere, levigandoli garbata.
Mi danno il torpore con i loro aghi luccicanti, mi danno il sonno.
Adesso ho perduto me stessa sono stanca di bagagli -
la mia borsa di pelle come un nero portapillole,
mio marito e il bambino sorridono nella foto di famiglia;
i loro sorrisi mi agganciano la pelle, piccoli ami sorridenti.
Ho gettato cose in mare, io cargo di trent'anni
tenacemente attaccata al mio nome e indirizzo.
Hanno strofinato via tutti i miei affetti.
Impaurita e denudata sulla plastica verde della barella
ho guardato la mia teiera, il comò della biancheria, i miei libri
affondare lontani, e l'acqua arrivarmi sopra la testa.
Sono una suora adesso, mai stata così pura.
Non volevo fiori, volevo soltanto
sdraiarmi a palme in su completamente vuota.
Come si sia liberi, non avete idea quanto liberi -
la pace è così grande che abbaglia,
non chiede nulla, un'etichetta col nome, qualche bazzecola.
Con questa, alla fine, chiudono i morti; li immagino
masticarsela come un'ostia da Comunione.
I tulipani sono troppo rossi in primo luogo, mi feriscono.
Anche attraverso la carta da regalo li sentivo respirare
piano, attraverso la bianca fasciatura, come un bimbo mostruoso.
Rossastri parlano alla mia ferita, le rispondono.
Sono traditori: sembrano ondeggiare, anche se mi tirano giù,
scompigliandomi con le loro lingue inattese e il colore,
una dozzina di rossi piombi intorno al mio collo.
Prima nessuno mi sorvegliava, adesso sono sorvegliata.
I tulipani si voltano verso di me, e la finestra dietro
dove quotidianamente la luce si allarga e si assottiglia,
io mi vedo, piatta, ridicola, ombra di carta ritagliata
fra l'occhio del sole e gli occhi dei tulipani,
non ho faccia, ho voluto cancellarmi.
I vividi tulipani consumano il mio ossigeno.
Prima che arrivassero l'aria era abbastanza calma,
pulsava, respiro dopo respiro, senza scompiglio.
Poi i tulipani l'hanno riempita di un gran rumore.
Ora l'aria spinge e gli vortica attorno come un fiume
spinge e vortica attorno a una macchina rosso-ruggine affondata.
Concentrano la mia attenzione, che era felice
giocando e riposando senza impegnarsi.
Anche i muri sembrano riscaldarsi tra loro.
I tulipani dovrebbero stare dietro le sbarre come bestie pericolose;
si aprono come la bocca di un grosso felino africano,
ed io mi accorgo del mio cuore: apre e chiude
la sua ampolla di rossi boccioli per vero amor mio.
L'acqua che assaggio è calda e salata come il mare,
e viene da un paese lontano come la salute.

Sylvia Plath

Aggiornato al: 11 Aprile 2011

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Aggiornato al: 11 Aprile 2011



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