Il cambiamento del concetto di morte valutato secondo il significato psicologico del tempo
M.F. Sapuppo, R. Barbiera, **D. Bongiorno et AL
 
II Rianimazione ARNAS Ospedale Civico Via C .Lazzaro Palermo Italia
**Dipartimento Salute Mentale 1 ASL 6 Via R. Riolo Palermo Italia
A.P.I.C.E. Selected papers. Trieste 16-20/11/2001


Forse sarebbe giusto dire che i tempi sono tre, cioè un presente che riguarda le cose passate, un presente che riguarda le cose presenti, un presente che riguarda le cose future. E questi tre tempi sono nella mente, non altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro è l'attesa….” Così scriveva Sant' Agostino nelle Confessioni, ed è da queste considerazioni che ha preso avvio la nostra riflessione sul concetto di morte e “del tempo della morte e del morire" in Terapia Intensiva...
Anche nel "tempo della morte" è possibile dire che i tempi sono tre: il "tempo fisiologico", il "tempo tecnologico", il "tempo vissuto". Il "tempo della morte fisiologico" è noto a tutti, è il momento stesso del morire senza nessuna esasperazione medica. A questo tempo noi uomini siamo abituati da millenni, il concetto è così radicato nella nostra cultura che ne se n'è fatto oggetto di culto e di rito in ogni etnia. Viene per lo più omologato ad una "morte respiratoria", tanto che in quasi tutte le lingue esiste l'espressione “esalare l'ultimo respiro”. Nel XX secolo, con l'avvento delle Terapie Intensive e dell'alta tecnologia, si origina un "tempo della morte tecnologico", un tempo che è inesistente al di fuori di queste strutture. Non si tratta solo dell'introduzione del concetto di morte cerebrale, che ne rappresenta l'estremizzazione, ma si tratta della morte che tante volte il Rianimatore si trova a dare a causa della tecnologia. Spesso in questi soggetti, il più delle volte anziani o con malattie terminali, noi Intensivisti più che prolungarne l'esistenza, ne prolunghiamo la morte. La loro morte, che normalmente avverrebbe nel volgere di poco, con la rianimazione può estendersi per giorni, per mesi, per tanto, per troppo. Questa fine non è quasi mai una "morte respiratoria", essendo per lo più questi malati sottoposti a ventilazione meccanica. A questa morte, la nostra cultura, fatta di millenni di morti senza tecnologia, non ci ha ancora abituato. E a questo "tempo tecnico del morire" non è ancora abituato neanche il Rianimatore, uomo anch'egli tra tanti, che soffre nella sofferenza degli altri con il pensiero di procurare dolore anziché alleviarlo. Da qui prende origine "il tempo della morte vissuto" che, come diceva Sant' Agostino, è "….I' impressione che le cose fanno su di te nel momento in cui passano, e che rimane dopo che sono passate….". E' ciò che ogni malato lascia dentro di noi con la sua morte: emozioni, affetti, sentimenti di rifiuto o d'accoglienza, di sollievo o di dolore, che sono tanto più intensi quanto più dentro di noi si è creato uno spazio e un tempo interno nei suoi confronti. Sono tracce che rimangono del percorso fatto insieme ai nostri malati.


 
tratto dal numero 14