I Pirati
dr.ssa Grazia Alia
 
Intensivista


…sono in mezzo al buio della notte, e ad un tratto si fa ancora più buio…sto annegando? No, non vedo pesci, non sono in fondo al mare e poi non ho freddo …guarda lì… ma cos’è ? Ah, una grossa sciabola… ho capito: i pirati, sono stato rapito dai pirati! Mi hanno stordito e mi hanno portato nel loro covo buio. Ma perché proprio io?
La mia famiglia non è ricca, non è possibile chiedere un riscatto…ed allora perché mi hanno rapito? Eccoli che arrivano, loro, i pirati ed io chiedo di parlare con i miei genitori, spiego ai pirati che la mia famiglia non potrà mai pagare un riscatto …niente, non rispondono, fanno finta di non sentire… o non capiscono…forse parlano un’altra lingua. Gli chiedo dell’acqua: questa almeno me la daranno, penso, ho tanta sete e nessuno vuole darmi dell’acqua, allora davvero non capiscono la mia lingua… sono disperato… Ahi !, qualcuno mi punge un braccio: ho capito, forse è una coltellata, forse mi uccidono perché la mia famiglia non può pagare il riscatto…”

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Stefano è bruno ed ha gli occhi verdi; è un bel ragazzo, ha 19 anni. Ce lo portano in ambulanza da Mazara, alle prime luci dell’alba. Era una notte di tempesta e lui si trovava a bordo del peschereccio del padre, probabilmente un’imbarcazione troppo piccola per affrontare la tempesta di quella notte… Un’onda più violenta delle altre spezza una trave che lo colpisce in piena fronte. La TAC non mostra lesioni gravi ed anche l’esame clinico lascia un discreto margine di speranza…ma Stefano è in coma.
Non c’è posto nella grande sala di rianimazione, lo ricoveriamo nella stanzetta, quella che di solito si riserva ai casi meno gravi o comunque a pazienti di passaggio ed in respiro spontaneo. Il caposala trasporta in saletta un respiratore ed un compressore, un infermiere mette vicino al letto di Stefano una vecchia asta per reggere le flebo, di quella con rotelle che ormai vedi solamente nei P.S. Siamo in 4 o 5 intorno al suo letto…

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E’ passata circa una settimana ed ecco il racconto di Stefano:
“ho avuto tanta paura dottoressa,in mezzo al buio di quella notte, ad un tratto ancora più buio… pensavo: sto annegando? No, non vedevo pesci, non ero in fondo al mare e poi non avevo freddo…poi ho visto quella grossa sciabola (l’asta metallica del reggi flebo…) e capisco tutto: i pirati, sono stato rapito dai pirati! Mi hanno stordito e mi hanno portato nel loro covo. Ma perché proprio io? La mia famiglia non è ricca, non è possibile chiedere un riscatto…ed allora perché mi hanno rapito? Poi arrivano i pirati (noi con le tute verdi!) ed io chiedo di parlare con i miei genitori, spiego ai pirati che la mia famiglia non potrà mai pagare un riscatto…niente,non rispondono, fanno finta di non sentire…o non capiscono…forse parlano un’altra lingua.
Allora chiedo dell’acqua: questa almeno me la daranno, pensavo, avevo tanta sete e nessuno voleva darmi dell’acqua, allora davvero non capiscono la mia lingua…ero disperato quando:
“Ahi, qualcuno mi punge un braccio: ho capito, forse è una coltellata, forse mi uccidono perché la mia famiglia non può pagare il riscatto…”
…Stefano si è risvegliato ridendo, ed è una cosa insolita ecco perché quando ho capito che potevo entrare in contatto gli ho chiesto perché ridesse…e lui mi ha raccontato la storia dei pirati.
Ha realizzato di colpo che eravamo medici e che lui era in un ospedale anche se non capiva perché: infatti non aveva nessun ricordo dell’accaduto di quella notte per lui era stata una normale burrasca estiva come ne aveva viste tante, nessun ricordo del colpo sulla fronte.
Certe volte la Rianimazione non è poi così terribile, certe volte ci sono anche la fiabe e questa a me è sembrata una fiaba…
Verso la fine dell’estate Stefano è tornato a trovarmi e mi ha portato in dono un bel libro sui coralli trapanasi…la figura di quel ragazzo mi metteva serenità, era come se potesse, la sua sola storia levarmi l’angoscia di tante realtà diverse, drammatiche, vissute altre volte.


Agosto 1989


 
tratto dal numero 14