Recensione a cura di Ugo Sottile
Intorno alla seconda metà degli anni 60, epoca piena di fermenti non solo musicali, nascevano gli Eclection band inglese dalla formazione eterogenea che anticipava l’elettrificazione della musica folk propugnata poi dai suoi alfieri Fairport Convention, Steeleye Span, che accoglieva al suo interno solo un elemento inglese il batterista Gerry Conwa;, per il resto la band era formata dall’australiano Trevor Lucas al basso, -con Conway più tardi membri dei Fairport Convention-, da Georg Hutgreen, chitarra acustica e compositore ufficiale del gruppo, nato in Norvegia figlio di una scultrice finlandese e di un nobile russo, dalla cantante australiana Kerrilee Male e alla tromba e chitarre acustiche Michael Rosen. Gli Eclection sono senz’altro rimasti una delle band più misconosciute dell’intero panorama musicale e di loro è rimasta solo questa unica traccia perché già nel 1969 la band era per così dire scomparsa smantellata dalle radici ed i vari membri, -a parte i due approdati nei Fairport con Trevor Lucas che poi aveva proseguito insieme alla compagna-moglie Sandy Denny, già voce dei Fairport Convention, nella bellissima esperienza dei Fotheringay-, si erano sparsi ai quattro venti. La loro breve vita e questo unico album hanno lasciato una vivida traccia nella storia della musica per chi ha avuto la fortuna di conoscerli ma per fortuna siete ancora in tempo. Prodotti dalla americana Elektra, una delle case discografiche più intuitive e decisamente all’avanguardia alla fine degli anni sessanta che fra l’altro aveva dato ospitalità anche alla Incredible String Band di tal Robin Williamson e Mike Heron. Il loro suono attraversava in modo trasversale il rock pseudosinfonicoacustico, il folk elettrico e la psychedelia; nel brano d’apertura ”In Her Mind”, “Will Tomorrow Be The Same” e “Morning of Yesterday” sembra di riascoltare la voce di Justin Haward e le orchestrazioni dei Moody Blues, la policromia vocale di “Still I can See” e di ”Nevertheless” dava punti anche ai Mamas & Papas, l’uso di chitarre a tratti baroccheggianti si alternava a suoni del più classico folk inglese come in ”In The Early Days” e in “St. George & The Dragon” dove l’utilizzo della tromba e l’arrangiamento dei fiati in genere mischiava un po’ le carte, in “Violet Dew” ed in “Another Time Another Place” si respirava aria californiana in stile Great Society e Jefferson Airplane, curioso era il fatto che loro pensavano di essere più vicini alla musica progressive che al folk e che alcuni dei membri del gruppo apprezzavano il folk acustico classico e che mai avrebbero pensato di imbastardirlo con il suono elettrico; ma i risultati dicono ben altro, era senz’altro il gruppo” inglese”, con un solo componente veramente inglese, dal suono più simile alla musica americana della West Coast.
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per la Musica,
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per Student Corner
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dell’ Ismett di Palermo
per la rubrica
Nurse Science,
da loro curata.
Ad Antonio Corrado
per la sua vignetta.
Fonti Numero 21, 19 Luglio 2012:
Si ringraziano altresì:
Il Ministero della Salute
e
L’ISS
Il Consiglio Sanitario Toscano
per le SNLG
IL Giornale Italiano di Medicina
del Lavoro ed Ergonomia
PI-ME,
Pavia ISSN 1592-7830
http://gimle.fsm.it
Le Infezioni in Medicina
www.infezmed.it/
MenuIniziale.aspx
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Biomed Central Open Acces
http://www.biomedcentral.com/
Aggiornato al: 19 Luglio 2012