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Focus

Formazione data / Formazione costruita

07/09/2013  
M.Francesca Sapuppo, Responsabile Scientifica Timeoutintensiva.it
Intensivista.

Tanti anni fa, era la fine del vecchio millennio, studiavo e riflettevo, attraverso i libri e i testi dei grandi formatori di quel tempo collegandoli anche alla mia esperienza, sul concetto di formazione in Sanità.

Erano tempi in cui partecipavo a corsi “barbosi” pieni di diapositive, con docenti che parlavano e parlavano quasi senza prendere fiato per ore. Noi avevamo deciso di andare per una strada diversa nella formazione.

Fortunatamente molto è cambiato.

Ho ritrovato tra le carte in soffitta un mio scritto di quel tempo passato e mi permetto di proporvi quelle considerazioni di allora sulla formazione, nate dalle letture e dall’esperienza, perché molte mi sembrano ancora attuali.

Il tempo della formazione

La formazione sanitaria è rivolta a persone con esperienza di vita e lavorativa la più varia.

E’ uno strumento molto utilizzato in questi ultimi anni per ottenere cultura intellettuale/fattuale e cambiamenti personali, relazionali, organizzativi etc.

Si ha la pretesa, nell’ottica della efficacia ed efficienza della produttività, di avere con la formazione dei risultati immediati. Questa è un’illusione perché immediatamente è possibile  ottenere solo esiti, come le risposte a test a fine corso, che testimoniano solo l’apprendimento di nozioni.

Ciò accade per diversi motivi. Il primo motivo è che la formazione è uno strumento di medio-lungo periodo, o meglio è fuori dal tempo, perché ha un tempo che dipende dall’individuo. Le destrutturazione/ristrutturazioni del pensiero, le decisioni, i cambiamenti avvengono  in molto tempo, il limite della immediatezza della formazione è quindi l’individuo stesso e le differenze che ci sono tra gli individui.

L’amplificazione del problema nasce anche dal fatto che spesso il bisogno formativo non nasce da una scelta dell’individuo ma da un committente che ha scelto e pensato per lui. Vengono creati dei bisogni nell’individuo, che se non inseriti nella sua persona lavorativa, vengono recepiti più come una minaccia che come necessità. Il docente deve divenire un interprete tra committente e individuo creando curiosità e interesse, dando un senso storico al nuovo sapere inserendolo nella storia dell’individuo.

La formazione come prodotto

Il secondo motivo è che, nonostante si parli sempre di più di prodotto-formazione, la formazione non è un prodotto ma assomiglia molto di più a un servizio.  Diversamente da un prodotto è un bene immateriale, è uomo dipendente perché richiede l’intervento umano (docenti/allievi) per essere fruito, e il momento della produzione della formazione coincide con il consumo (il bene materiale/prodotto può essere anche consumato posticipatamente).

Questa diversità rende difficilmente valutabile la formazione in modo oggettivo, dimostrarne la qualità oltre il momento stesso di fruizione, garantirne la identica riproduzione come i beni materiali.

In definitiva la verifica se non si deve fermare agli esiti dei test, al grado di soddisfazione e alla valutazione dei docenti è difficilmente effettuabile perché non si saprà mai quanto l’individuo trasferirà di ciò che apprende “qui e ora” durante il corso, successivamente dentro la propria organizzazione “là e allora”.

Il metodo razionale nella formazione

La formazione prima era considerata quasi alla stregua di una libera interpretazione artistica del docente, ora all’opposto si tende a pensare che non si può fare formazione se non si affrontata in modo scientifico. Ciò accade perché nei sistemi odierni la razionalità viene vista come l’unica fonte di produttività o di efficacia e l’emozionalità viene quasi considerata come una deviazione patologica. Si tende a valorizzare nelle Scienze solo l’approccio, il metodo scientifico/razionale, intendendo nell’ottica della produttività (prodotto formazione) il razionale e l’irrazionale secondo il modello di “scarto”: si/no, esatto/errato.

La razionalità nei sistemi produttivi è conveniente ed economica. Riducendo la persona nel solo ambito razionale si può agire con un metodo standard ripetitivo, nella prevedibilità come se si fosse con un contesto invariante, come se il prodotto formazione lo decidesse il docente aprioristicamente. Creare un contesto invariante, limitare la variabilità contestuale,  è utile per esercitare un potere formativo unilaterale da parte del docente, potere inteso come autorità autoassegnatasi o incaricata  data dal sapere e non come possibilità, disponibilità a mettere in comune il sapere. 

E se anche la valutazione della qualità della formazione deve rispondere ai metodi di verifica standard, sempre più spesso mi domando: quanti dei massimi docenti del passato quali Socrate, Aristotele, Ippocrate la cui efficacia è indubbia, date le enormi ripercussioni a distanza di spazio e di tempo, ma i cui metodi erano già giudicati poco ortodossi anche nel passato, passerebbero le attuali verifiche standard di valutazione di qualità?

Il contesto variante nella formazione

Se viceversa l’emozionalità riprende un suo ruolo e non si pensano i contenuti scissi dalle emozioni di cui l’individuo l’investe, la formazione acquista un altro significato, non più una formazione “data” ma “costruita” in un contesto variante.

Ognuno all’interno di un corso di formazione, che è un momento di sospensione della produttività lavorativa, è portatore di emozionalità (alternativa all’organizzazione di appartenenza o ripetitiva dell’organizzazione di appartenenza), emozionalità sia dell’individuo in sé che sociale per interazione con il contesto formativo, con il gruppo di partecipanti, con i docenti.

Se nel fare formazione il docente modifica il proprio assetto di relazione con l’allievo, rovesciando la logica che vuole l’allievo dipendere dal docente, allora il prodotto-formazione non lo decide solo il docente. Condividere l’emozionalità con l’altro significa dover sovvertire modelli previsti, adattando il metodo di volta in volta, utilizzando la variabilità contestuale come risorsa senza considerarla un problema. Adattarsi allora in questo caso non significa un diminuirsi ma significa la capacità di trattare la variabilità, di adeguarsi esplorandola nel rispetto dell’altro. Così, non operare secondo rigide norme significa attrezzarsi a leggere il contesto, trovando le risposte più adeguate alla variabilità intesa anche come domanda.

Il rispetto della cultura dell’altro

Rispettare il metodo logico/conoscitivo e la cultura dell’altro, essendo questi un adulto con un’esperienza lavorativa da mettere in gioco, significa non considerare l’altro come un contenitore dove riversare il sapere ma l’altro con il suo sapere e la sua esperienza.

Così il docente esplora e a sua volta apprende dall’altro, osserva e si può inserire offrendogli un altro punto di vista, che può anche essere un punto di vista emotivo e non scientifico, sfruttando eventualmente anche gli errori e gli eventi senza considerarne gli esiti. E se le modalità di apprendimento sono diverse (dall’esperienza con un referente materiale,  dal gioco con un referente emotivo, dall’astrazione con riferimento agli elementi specifici costitutivi del sapere etc.) allora il docente non è colui che impone la modalità ma diventa “un facilitatore di apprendimento” offrendo diverse opportunità.

La paura dell’apprendere il nuovo

Il desiderio di conoscenza esiste nell’allievo ma il nuovo crea una difesa perché subentra una confusione tra le conoscenze, solitamente usate, e la necessità di elaborarne nuove. La costruzione di una mediazione tra vecchio e nuovo porta una confusione categoriale tra passato, presente, futuro da cui nasce l’esplorazione. Esplorazione che inizialmente deve essere fatta da soli, ognuno è differente e l’esplorazione avviene in spazi diversi da quelli dell’altro, ma poi è necessaria un’integrazione delle diversità.

La crisi del potere in formazione

Tutto questo è possibile se il docente mette in crisi da subito il suo potere, che è indubbio eserciterà sempre dentro il contesto formativo, ma differente sarà come si è detto l’espressività di questo potere e il vissuto nell’altro. L’ironia su se stessi e gli altri docenti, l’evidenziazione dei propri errori e delle proprie debolezze ad esempio mettono in crisi il potere ma accrescono la relazione docente-allievo e la possibilità di andare oltre l’esperienza di un corso, esportando nuovi modelli relazionali e sensazioni durature nel tempo.

In definitiva “costruire formazione” comporta da parte del docente molta più fatica ma maggiore benessere e dipende dalla sua possibilità di un pensiero attento, “emozionato” nei confronti di tutto ciò che lo circonda nel momento formativo.



Bibliografia

M.Castagna: La lezione nella formazione degli adulti. Franco Angeli Editore, Milano 2008

M.Knowles, E.F.IIIHolton, R.A.Swanson: Quando l'adulto impara. Andragogia e sviluppo della persona. Franco Angeli Editore, Milano 2008

M.Knowles: La formazione degli adulti come autobiografia. Il percorso di un educatore tra esperienza e idee. Raffaello Cortina Editore, Milano 2004

C.Kaneklin, G.Scaratti: Formazione e narrazione. Costruzione di significato e processi di cambiamento personale e organizzativo. Raffaello Cortina Editore, Milano 1998

C.Romano: Comunicare e coevolvere in strutture maieutiche. Un percorso con adulti in formazione. Franco Angeli Editore, Milano 2001

 

 

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Fonti N.°25, Settembre 2013
Si ringraziano altresì:
-la ASSR
-Medicina Subacquea ed Iperbarica
e la S.I.M.S.I.
-Il Pensiero Scientifico Editore
-IL Giornale Italiano di Medicina
del Lavoro Ergonomia
PI-ME 
Pavia
ISSN 1592-7830
http://gimle.fsm.it
-Intensive Care Med 2004
Ed. Italiana
-Biomed Central Open Acces
http://www.biomedcentral.com/
-Evidence
www.evidence.it
-Nottidiguardia.it

 
 
 
Aggiornato al: 17 Settembre 2013



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