numero 14
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26 luglio 2010
Facebook: Il Gruppo Facebook Associazione i.Change e Timeoutintenisva.it presentano:
Un’esperienza pilota, che apre ad un nuovo modo di usare i Socialnetwork.

H. Simberg, L\'angelo ferito a cura di Daniela Thomas
 



Idea progetto: Salvatore Vasta, Daniela Thomas, Giorgio Geraci

Nota Introduttiva: Giorgio Geraci

Editing, Revisione Note e Link: Daniela Thomas, Dora Cinà

Gruppo di Lavoro: 

Daniela Thomas, Dora Cinà, Giorgio Geraci, Nicoletta Controvento, Claudia Bongiorno, Jan Mariscalco, Salvatore Vasta, in collaborazione con Associazione Cerchi di Vita,  Timeoutintensiva.it, e Tempo di Volare ASP 9 TP

 

Download del file in .pdf


Nota introduttiva

Ho accettato volentieri di partecipare al lavoro di work in progress che ha attivato questo gruppo, nato spontaneamente sul Web ed all’interno del social network Facebook, perché credo nel gruppo, alla sua forza, alla sua funzione sociale, psicologica, affettiva, ideologica, relazionale, mentale, poetica.

Alla funzione di vita del gruppo!

Mi sono inserito quasi per caso, conoscendo soltanto qualcuno personalmente, ma fidandomi della conoscenza di questi per potere affidare anche agli altri la “mia vita” ed i miei pensieri.

Nel breve tempo necessario all’accomodamento, ma fiducioso di trovarmi tra persone leali, ho sentito emergere forte il bisogno di “piazza”, di condivisione, di sana contaminazione, alla quale non ho sentito di dovermi sottrarre.

Gruppo ricco (mi ci ficco) di affettività, ricco di cultura, ricco di desiderio di gruppo, in sostanza disponibile ad accogliere ed a condividere, un gruppo di “mamme buone”.

Senza un gruppo che tiene, contiene, sostiene, che aiuta, in buona sostanza, non può esserci vita, né per il corpo, né per la mente.

Nella nostra radice psichica è marchiato a fuoco il concetto di “isola”, nel senso che siamo “isolani”, ma sappiamo anche, per storia, cosa succede agli “uomini isolati”: vanno incontro alla morte.

Nella foresta di Sherwood Robin Hood da solo non sarebbe sopravvissuto se non avesse avuto un gruppo, un gruppo coeso per ideologia con una motivazione forte, chiara, condivisa.

La parola, il pensiero, il popolo, la piazza, così si è costruita nei secoli la nostra vita!

E senza un gruppo con cui esercitare tutto ciò non si sarebbe sviluppata l’umanità.

Eccoci dunque pronti per un nuovo millennio, con nuovi strumenti per esercitare le nostre arti, fiduciosi che soltanto potendo usare la tecnologia che ci andiamo mettendo a disposizione possiamo continuare a sviluppare pensieri e relazioni.

Nel gruppo non si può morire, resta la memoria.

E noi, in questo momento, sentiamo che possiamo consegnare alla nostra piccola collettività virtuale, memorie ed esperienze, i segni della nostra esistenza con i suoi colori, le sfumature, i sogni e le speranze.

Siamo un gruppo che nasce, estensivamente, dalla speranza, consci di essere stati per molto tempo \"vittime della paura\", ma che oggi sente di essersi \"liberato\" dalla asfissiante e mortifera cappa che annichilisce il pensare e la relazione affettiva.

In sostanza questo nostro gruppo desidera esercitare il potere di sentirsi libero di sperare, avendo assunto, tra i tanti, anche i codici di decriptamento dei passaggi obbligati dell\'esistenza.

Se un giorno decidessimo di pubblicare ognuno la propria storia, sarebbe, credo, più chiaro a tutti da dove veniamo, che percorso individuale abbiamo dovuto fare per consegnarci \"mani e piedi\" a questa nuova esperienza.

Ognuno come può, ognuno per quello che può, perché questo è un gruppo di “mamme buone” .

Questo gruppo propone un’esperienza pilota, un’esperienza che apre ad un nuovo modo di usare il network, un nuovo modo di usare se stessi.

È una bella e sana cordata che sta andando incontro ad una rigenerazione della gruppalità e della amicalità, provando a superare macerie, ferite, polverizzazioni, fondamentalismi.

Noi ci stiamo provando a fare qualcosa per la nostra salute mentale, questo è quello che siamo riusciti a condensare.

Anche noi siamo angeli feriti nei corpi e nelle menti, perché non ci siamo risparmiati, e quello che “abbiamo fatto” lo vogliamo raccontare, non pensiamo di dovercelo tenere per noi.

Se è dolore, lo vogliamo condividere, se è gioia la vogliamo condividere, in un gruppo non ci si può nascondere, siamo lì in cerchio, “in ballo”, siamo alla vista di tutti con le nostre ruvidezze, con i nostri desideri, con i nostri vuoti, con le nostre assenze, con i rossori e le nudità al vento.


Giorgio Geraci


H. Simberg, L\'angelo ferito

a cura di Daniela Thomas

martedì 16 marzo 2010 alle ore 17.04


Un dipinto di Simberg del 1903. Il dipinto si chiama \"l\'angelo ferito\", espressione di quella corrente artistica che prende il nome di simbolismo. Il simbolismo privilegiava una visione soggettiva delle cose, l\'immaginario individuale, il sogno, le allucinazioni, il senso del mistero, la spiritualità: e penso che questo dipinto rappresenti bene tutti questi aspetti. Per approfondire il discorso, pare che il titolo scelto dall\'autore non fosse “L\'angelo ferito”, ma qualcosa di relativo, del tipo \"cosa vedi? cosa provi? cosa immagini?\", perciò il pittore aveva intenzione di lasciare allo spettatore l\'attribuzione di un significato all\'immagine rappresentata, considerando che i significati dell\'angelo ferito possono essere tanti. Basta guardare il quadro, potrete guardarlo per ore e trovare nuovi significati in ogni dettaglio, in ogni particolare. Chissà cosa passava per la mente di Simberg quando lo dipinse: pare che stesse attraversando un periodo non tanto bello. E si capisce guardando il quadro. Non si può dire che è allegro, è decisamente triste. Però è tremendamente bello, pieno di speranza.


L\'angelo, che splende di luce propria con il suo candore, è afflitto, prostrato, è ferito ad un’ala, bendato, potrebbe rappresentare un ideale, un sogno scalfito o tradito, un\'aspirazione irrealizzata, ma che si decide, si prova a curare, a difendere. Questo sembra il compito dei due ragazzi che trasportano l\'angelo su una barella di legno alquanto improvvisata. Il ragazzo che sta davanti ha un\'aria grave; vestito di nero, sembra un becchino. Il ragazzo più alto guarda lo spettatore con aria severa, accusatoria, quasi volesse dare allo spettatore stesso la colpa del ferimento dell\'angelo, o forse vuole trasmettergli il risentimento che avverte nel trovarsi coinvolto in quell\'azione, forse ha assistito al ferimento. Il fatto che siano due ragazzi a prendersi cura dell\'angelo potrebbe significare che sono maggiormente i più giovani e non gli adulti a credere e a difendere gli ideali, i sogni, gli angeli; o forse i ragazzi si sono trovati per caso sul luogo dove si trovava l\'angelo ferito. L\'angelo ha in mano dei fiori bianchi, sembra che stiano appassendo, piegati allo stesso modo dell\'angelo.


Il bianco è per eccellenza il colore simbolo della purezza. La benda sugli occhi? Lasciate spazio alla vostra immaginazione: forse è ferito agli occhi, forse gli si vuole impedire di vedere dove verrà condotto, cosa gli succederà. Già, cosa gli succederà? Verrà curato? Verrà salvato? Di sicuro non morirà: come potrebbe morire un angelo?

Il paesaggio del dipinto esiste veramente. È un parco di Helsinki dove in passato pare esistessero degli istituti di carità che accoglievano i ciechi e gli zoppi. Questo spiegherebbe ulteriormente il significato del quadro. Dopo tutto un angelo potrebbe fare a meno di una barella, di essere aiutato. L\'angelo in questione vuole essere aiutato, ha bisogno di essere aiutato, ecco perché la sua afflizione è così umana.


È la pietà di Simberg a rendere questo quadro ancora più bello e unico.


Dedicato a Emmeggì

 

Nightwish - Amaranth

 

http://www.youtube.com/watch?v=GdZn7k5rZLQ






Il video è basato sul dipinto del finlandese Hugo Simberg, L\'Angelo ferito.

Il video in questione fa vedere due giovani che incontrano un angelo caduto e lo portano verso la loro abitazione, tra il disaccordo degli abitanti del loro villaggio che vanno a bruciare la casa dei ragazzi con l\'intento di sbarazzarsi dell\'ospite, creduto qualcosa di maligno. Amaranth è il secondo singolo tratto dall\'album Dark Passion Play del gruppo musicale finlandese Nightwish

                

Post E Commenti (dal 16 al 29 marzo 2010)

 

Marilena Monti L\'angelo ferito potrebbe essere anche un bimbo ferito. Puro, innocente e perciò rappresentato come angelo. Oppure è la consapevolezza del \"bene tradito\", della integrità violata, del sogno perduto. La benda la vedo più sulla fronte che sugli occhi. Potrebbe allora essere intesa come una cura al \"pensiero offeso\". Al di là di ogni mia interpretazione (e forse dovrei guardarlo più volte a distanza di tempo), lo trovo davvero splendido. Ne hai fatta un\'altra delle tue...


Daniela Thomas Mi è capitata quest\'immagine oggi, che ero in pena per una ragazza in grande difficoltà. E vederla così, sotto forma di \"angelo ferito\", tutto bianco, con la benda sugli occhi, i fiori bianchi in mano, inconsapevole del suo stesso destino, mi ha fatto venire i brividi. È come se quest\'immagine mi avesse scelto, per me è una risposta, un abbraccio che balza fuori dal nulla.


Marilena Monti Accadono cose straordinarie! Mi auguro che quella ragazza riprenda il volo tra i sentieri della vita, ad ali spiegate!


Claudia Bongiorno Beh... se è un angelo cieco forse ha un senso per chi lo trasporta, no? È messaggero di qualcosa, come dire che le persone che aiutiamo sono angeli/messaggeri e l\'incontro con loro ha un senso anche per noi.


Daniela Campomagnani Vero!


Pietro Franzone Emmeggì è un angelo!


Salvatore Vasta Mah, io sento guardandolo che stava intervenendo su qualcosa con le sue \"capacità angeliche\", che invece di accoglierlo lo ha respinto, ed il suo ferimento e la cura susseguente al suo accompagnamento \"barellato\" può curarlo ma non aiutarlo a risolvere i problemi sui quali interveniva... I due mi sembrano terribilmente affranti e dispiaciuti per l\'accaduto... i fiori che porta nella mano non ha potuto donarli e sono contemporaneamente ciò per cui è stato ferito... riportandolo a me ed al mio lavoro come \"rianimatore\" di corpi e di anime� in una parola di persone... a guardarlo mi ricorda le tante facce di colleghi \"curanti umanizzati\" al ritorno da un intervento non riuscito, quando come gruppo tentiamo di comprendere e metabolizzare, se mai ci si riesce, la ferita per un paziente che non ce l\'ha fatta... la sua e la nostra ferita... per una vita andata via... ma ho anche la sensazione che negli sguardi dei soccorritori ci sia anche la consapevolezza che \"l\'intervento dell\'angelo sui mali del mondo\" sia stato un eccesso dato dal suo compito di salvare ed intervenire su una umanità e su un tempo (siamo alla vigilia della prima guerra mondiale e riportandolo a oggi siamo in una situazione non \"salvabile\") non risolvibile a volte con un intervento divino. Splendido dipinto.


Daniela Thomas “I fiori che porta nella mano non ha potuto donarli e sono contemporaneamente ciò per cui è stato ferito”: bellissimo! L\'angelo non è onnipotente, non può esserlo. È diviso fra umano e divino, ma non è né l\'uno né l\'altro e nello stesso tempo è entrambi.


Salvatore Vasta La migliore rappresentazione degli angeli è stata fatta secondo me ne “Il cielo sopra Berlino”di Wenders, come capacità di intervento sull\'umano: e per capire cosa vuol dire umano si dovrebbe vedere più volte “L\'uomo bicentenario”, a torto considerato un film solo di fantascienza.


Daniela Thomas Ah sì, sul “Cielo sopra Berlino” sono d\'accordo, è il film che amo di più al mondo. Ma anche “Così lontano così vicino”, sempre di Wenders, dice tanto sugli angeli ed è meraviglioso, del resto si completano l\'un l\'altro. Invece ho preso nota dell\' “uomo bicentenario”, che ancora non ho mai visto.


Salvatore Vasta “L\'uomo bicentenario”, in cui, sinteticamente, un robot diviene con l\'evoluzione sempre più umano, sino a rinunciare alla propria immortalità per divenire completamente umano e poi morire... ma bisogna vederlo per capire cosa ci dice, bellissima la fine!


Daniela Thomas Non c\'è bisogno perché l\'ho vista, l\'hai postata l\'altro giorno e proprio per questo sono curiosa di vederlo, grazie!


Salvatore Vasta È estremamente interessante quando dà le motivazioni per le quali da immortale vuole divenire umano e mortale.


Daniela Thomas Infatti. E così anche gli angeli di Wenders.


Claudia Bongiorno Che ne dite di “Angel-A” di Luc Besson? L\'avete visto?


Salvatore Vasta No. Non conosco. Racconta.


Daniela Thomas No! Nemmeno io! Com\'è?


Claudia Bongiorno Da vedere... fantastico... Ben fatto e molto simbolico, un incontro che cambia la vita: ma non voglio dirvi nulla, prima lo vedete e poi lo commentiamo... ho pubblicato un pezzo in bacheca...


Lu Agnello È un’immagine inquietante e suggestiva... estrema, perché raffigura un simbolo di protezione esso stesso ferito, inerme.

Sono attratta, molto, dall\'espressione del ragazzino a destra, dal suo sguardo penetrante che ci osserva, che forse ci sta rimproverando di non saperci prendere cura di chi ci cura e ci protegge, dando per scontato che nulla potrà mai colpirlo.


Salvatore Vasta Sì, è possibile... considerarli intoccabili nella loro sacralità...


Giorgio Geraci Mi permetto di inserirmi in questo splendido dialogo... a me vengono in mente tre ragazzini a cui sono stati infranti i propri sogni, ad ognuno il suo; e ci tenevano moltissimo, ecco perché li sento così arrabbiati con tutti e profondamente frustrati. Mi sento ancora di identificarmi in loro quando qualcosa non va come spero o dovrebbe! In fondo è la nostra parte infantile ed un po’ anche con sacralità \"angela\" che nella frustrazione emerge... è troppo notte per continuare...


Jan Mariscalco Notevolissimo questo quadro (e delicatissimo anche il collegamento che ha portato Daniela a pubblicarlo). Fermo restando che mi piace quanto scritto nella nota di accompagnamento all\'immagine, ossia che in fondo fosse intenzione precisa dell’autore lasciare \'aperta\' l\'interpretazione alla percezione soggettiva, io  trovo (o \'rifletto\' da me) l\'immagine di una fanciullezza, d’ un’innocenza, d’ una predisposizione interiore al bene misconosciuta, tradita, abbandonata ed esposta senza venire in suo aiuto fino al ferimento, e forse alla delusione; e colpisce anche me molto lo sguardo del bambino di destra, che quasi guarda noi che guardiamo, deluso e irritato dal fatto che siamo (rimasti) solo spettatori�         


Claudia Bongiorno ï¿½ Assolutamente d\'accordo!!!


Daniela Thomas ï¿½ E un\'altra cosa che colpisce me è il fatto che l\'angelo sia bendato. Non è cieco, ma non può vedere, come chi è per qualche motivo ancora inconsapevole, forse di sé, forse del “resto\", non si sa. È bello quest\'angelo, bellissimo. È bello anche questo dialogo fra noi.         


Claudia Bongiorno Sì... peccato che su Facebook non possiamo anche prenderci un the chiacchierando... meglio di niente... però...


Vannevar Morgan Forse è la parte buona di noi che è ferita e sopraffatta dal nostro lato oscuro!


Claudia Bongiorno Grazie ancora... Ho utilizzato il vostro regalo... l\'immagine... nel mio video che presenterò al convegno... ve lo dedico!!!!


Nunzia Ambrosino Non credo che un angelo non abbia bisogno di essere aiutato... è vero che il suo compito è aiutare gli altri, ma se lo facesse perché ha bisogno a sua volta di aiuto?


Salvatore Vasta E se fosse stato accecato dai mali del mondo che non può aiutare a risolvere e nessuno fosse accorso in suo aiuto, e per questo il ragazzo a destra ci guarda tanto torvamente, per non averlo aiutato ma solo ferito con i nostri comportamenti di egoismo e sopraffazione immutabili? Mah�


Lo Spada L\'angelo è un\'immagine multi-forme... può rappresentare in sé tante parti quante gli occhi che lo guardano... a me pare una condanna il poter avere ali e conoscere la caduta dell\'uomo... ma è in questo binomio che il fascino si fa simbolo...


Daniela Thomas Chissà... quell\'angelo ferito è uno specchio e ognuno di noi vede in lui le proprie, di ferite...


Tania Lazzaro Il simbolo del \"dolore innocente\", lo scoglio ermeneutico su cui s\'infrangono uno ad uno gli scafi delle filosofie, delle religioni, della scienza medica. Pur senza avere la pretesa di spiegarlo né tantomeno di guarirlo è imperativo curarlo ossia riconoscerlo, farsene personalmente carico (come i piccoli \"portatori\" del dipinto), alleviarlo e in tutti i modi combatterlo, per� rispettarlo. Bellissima questa nota che accompagna un dipinto così intenso che non conoscevo, grazie davvero!


Salvatore Vasta Tania ed il suo scoglio ermeneutico, ciao Tania!


Tania Lazzaro Sì Salvo, il dolore innocente/inconsapevole del bambino, provocato dalla malattia o peggio dalla mano violenta dell’uomo adulto� Angeli bianchi, entità sofferenti più spirituali che materiali, recettori “puri” di dolore. Un dolore inspiegabile che ahimè ha perfino la capacità di mettere Dio contro Dio col suo grido� “Perché?”� Inspiegabile al punto da essere definito la “rocca inespugnabile” dell’ateismo. Per il mio mandato, limitato quanto possa essere, cerco ogni giorno di farmene carico, di combatterlo, di riconoscerlo, Quando non sarò più in grado di farlo, foss’anche per sopravvenuta mancanza di sensibilità verso di esso, mi auguro di poter rendere volentieri indietro il biglietto che mi dà il diritto di permanenza sulla faccia della Terra.


Daniela Thomas Ma si può combattere il dolore? O è accogliendolo che lo si lenisce? \"Guarigione\" ha la stessa radice di \"guerra\", ma è veramente così?


Salvatore Vasta Per combatterlo, cioè per capirlo e porvi rimedio o cercare di porvi rimedio, non puoi che accoglierlo... ma combatterlo può essere anche un deviarlo, instradarlo, abbellirlo per depotenziarlo e ribaltarlo... ma quando è fisico ed è dell\'altro devi capirlo, per semplicemente cercare di annullarlo...


Daniela Thomas Com-prendere il dolore. Canalizzarlo. Orientarlo. Così Chirone, il centauro medico, prese su di sé la mortalità: solo un guaritore ferito può prendersi cura delle ferite degli altri.

Salvatore Vasta Ma i guaritori chi lo ha detto che sono esenti da ferite o che non siano già feriti e pronti a fare i guaritori per guarirne essi stessi ?


Daniela Thomas ... Appunto...


Tania Lazzaro Il dolore si esprime in modo clamoroso (urla, pianto, contorcimento del corpo). Tuttavia è frequente un processo di chiara neutralizzazione per cui perfino dinanzi all’evidenza non riusciamo a vedere e pur al cospetto di manifestazioni lampanti non siamo in grado di accorgerci di quel che accade. Spinsanti fa notare come vi siano esempi storici chiarissimi di questa percezione selettiva del dolore dell’altro: il dolore fisico degli schiavi neri era assolutamente sotto lo sguardo di tutti, ma pochi riuscivano a vederlo.

Forse potrebbe essere eticamente corretto interrogarci su quali sono, oggi, i dolori che neutralizziamo pur essendo tragicamente collocati esattamente davanti al nostro sguardo.


Dora CinàScrive Walter Benjamin: “C’è un quadro di Klee che si intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi, egli vorrebbe trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte ch’egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo sospinge irresistibilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui nel cielo. Ciò che chiamiamo il progresso è questa tempesta”.

La ‘bufera del progresso’ sospinge l’angelo della storia a ritroso nel futuro: in fondo, viene dal futuro e potrebbe quindi ben annunciarlo, ma il suo viso è rivolto al passato, commentava H. Arendt nel suo “Il futuro alle spalle”.

Ecco, la digressione su Benjamin secondo me esemplifica in qualche modo simbolicamente la lettura dell\'altro quadro: nel passaggio dell\'umanità verso la sua ‘redenzione’, nel poter transitare una nuova epoca, interiore quanto collettiva, si deve essere spinti dalla visione del passato, fatto di \"rovine su rovine\"� ed è così orrendamente difficile da esercitare in chi sa voltarsi a guardarlo in una spinta irresistibile verso un futuro ‘diverso’. Un \'angelo ferito\' comporta che chi vuol essere protetto ritrovi in sé la capacità di far rinascere il suo senso \'sacro\' nell\'ottica dell\'umanità la quale si ritrova a contemplare il suo orrore quanto a porsi la sfida della sua \'volontà\' di continuare ad esserci cercando di ricomporre l\'infranto... la decifrazione del passato consente infatti di cogliere e di rivitalizzare idee e ‘unità di senso’ che erano rimaste come sepolte e bloccate nei loro possibili sviluppi, e comprendendo il passato possiamo comprendere noi stessi.


Salvatore Vasta È bellissima questa immagine che la bufera del progresso continua a sospingere l\'angelo a ritroso nel futuro, mi fa venire in mente un cieco che dal buio del futuro apre gli occhi a noi qui, a quello che siamo: non lo sento pericoloso, non deve rivelarmi chissà che, anche se conosce forse anche il mio di futuro, ma non può... perché preso dalla tempesta è sospinto all\'interno del mio, tuo, nostro futuro, ma cieco al futuro, al paradiso da cui è sospinto fuori, non può che guardare le rovine del passato, anche se lo sento immobile inattivo travolto e trasportato... un progresso che, essendo tempesta, non gli permette di fermarsi salvare aiutare costruire ripiegare proteggere... mi fa pensare a qualcosa che sta andando avanti lasciandomi in una folata accecante attraverso cui posso vedere solo la sua luminescenza ma non i suoi atti... bah in testa avevo queste immagini�


Daniela Thomas Le immagini che nascono spontanee sono dotate di una potenza evocativa che ci consente di trasformare noi stessi e quindi anche la realtà.


Grazia Alia Ho osservato a lungo il dipinto di Simberg ed ho avuto la sensazione che le labbra dell\'Angelo accennassero ad un sorriso: è contento di essere stato soccorso... Non è gravemente ferito e mette alla prova i suoi soccorritori... non è sdraiato e sofferente ma si regge sulle braccia e tiene un ramo fiorito nella mano destra; lo sguardo del ragazzo che regge la parte posteriore della lettiga sembra rivolto ad un osservatore la cui presenza non è gradita. Arrivando a destinazione l’Angelo bacerà i suoi soccorritori e volerà via consegnando loro, con quel bacio, il dono della felicità eterna�

Lo ha guarito il solo fatto che qualcuno si è preso cura di lui�


Daniela Thomas “Lo ha guarito il solo fatto che qualcuno si è preso cura di lui...\": grazie per avere scritto questo! È proprio così, è il prendersi cura quello che guarisce�


Grazia Alia Forse non ha proprio un ramo fiorito nella mano ma la posizione della mano coincide con un fiore dipinto sul prato... ma a me piace pensare che abbia un fiore bianco in mano...


Daniela Thomas Anche a me: ce l\'ha. È il suo stesso candore che fiorisce...


Dora Cinà Io sono d\'accordo che prendersi cura guarisca... ma vorrei anche che colui o colei di cui ci si prende cura in realtà sapesse e imparasse a sottrarsi a poco a poco all’idea dell’essere “preso”, perché altrimenti finisce per essere un oggetto. La cura ha un suo inizio e un suo termine (chi cura lo deve mettere al primo punto per non essere egli stesso schiavo della sua cura quanto di colui che ha bisogno di lui), ed è piuttosto un ‘accompagnare’ l’altro, tenerlo per mano ma con la ragionevolezza del comprendere che è necessario \'separarsi\' e prendersi cura egli stesso di sé e degli altri che incontrerà... altrimenti una convalescenza o la crescita si trasformerebbero solo in una feroce e tragica dipendenza, un abisso che non porterà un \'sapere\' in più ma una morbosità impermeabile ad ogni processo di apprendimento.

Scrive Luigina Mortari nel suo libro “La pratica dell\'aver cura”, ed. Mondadori, p. 31: \"Nel momento in cui si definisce la cura un\'attività orientata a promuovere benefici per l\'altro risulta, però, riduttivo concepirla come una pratica che troverebbe il suo senso unicamente nel soddisfare bisogni, perché questa definizione implica che l\'altro sia sempre in una situazione di dipendenza da chi-ha-cura. Esiste al contrario una cura, precisamente quella educativa, il cui fine è quello di mettere l\'altro nelle condizioni di provvedere da sé ai propri bisogni, rendendolo capace sia di azioni cognitive, come individuare e stabilire criteri di priorità, sia di azioni concrete per soddisfare bisogni e realizzare obiettivi\". Il libro esamina diversi livelli di cura (madre-bambino, relazione amicale, rapporto paziente-infermiere) cercando proprio di costruire una sorta di mappa delle \'buone pratiche’. Sostanzialmente ciò significa appunto \"valutare l\'esperienza attivata sula base della risposta fornita dal soggetto cui le cure erano dirette.\" ibidem, p.117.


Daniela Thomas Quando si sta male e ci si affida lo si fa perché si è inermi. In quelle condizioni si sente il bisogno di essere “presi” in carico, perché da soli non si riesce più ad andare avanti, si è come orfani di sé. “Orfano” ha la stessa radice di “orbo”: non vede più, è cieco.

Allora chi si prende cura di noi è padre e madre adottivi: ci accoglie, ci riconosce, ci restituisce a noi stessi, e come una coppia di genitori attende e auspica la nostra autonomia, per celebrarla con gioia insieme a noi. Chi mantiene delle dipendenze non è cresciuto, sia da una parte che dall’altra.

Dora Cinà Dunque sei d\'accordo con quanto dicevo... o è un \'distinguo\'? Capisco che quando \'prendo\' c\'è un \'preso\', ma malgrado tutto io già come madre di un neonato, ad esempio, riconosco immediatamente l\'esistenza dell\'altro come soggetto e mi adeguo anche alle sue richieste... per me il verbo giusto è \'praticare\' questa cura empaticamente (il personalismo infatti ha una visione olistica) e non \'prendere\', che mi suggerisce l\'idea di una trasmissione e del passare come in un imbuto le informazioni \'giuste\'.


Daniela Thomas A me \"prendere\" piace. Prendere fra le braccia. Com-prendere.


Ad-prendere. Sorprendere. Secondo me si può dire. C\'è un momento in cui si fa proprio questo: prendere. Prendere per i capelli chi sta annegando, chi sta volando via. C\'è bisogno. Per esempio se una rondine cade per terra non sa più volare. Devi prenderla e lanciarla in aria, altrimenti morirà. Lei volerà via, non resterà attaccata a te. Ma perché l\'avrai presa...


Grazia Alia Sì, certamente non bisogna creare una pericolosa situazione di dipendenza ed è giusto \"istruire\" l\'altro a provvedere a se stesso... a meno che tu non stia accompagnando qualcuno alla fine della sua vita. Ma quello è un prendersi cura molto diverso...


Dora Cinà Prendere senza prefissi, ossia senza -con- , appunto è diverso per me... se prendi senza ricevere o senza risposta non stai più imparando ad apprendere né te stesso né l\'altro. C\'è una lettura che ha messo in crisi proprio questo modo di interpretare per me la realtà: Marianelli Sclavi, “Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte”... è qui che nasce la \'gestione creativa dei conflitti\'.


Grazia Alia Sono d\'accordo sul fatto che le dipendenze siano comunque un fatto negativo...

Grazia Alia Voglio intendere questo \"prendere\" come accogliere, salvare; prendere per i capelli chi sta annegando, prendere un uccello caduto dal nido e restituirlo all\'aria... viceversa: \"dare\", inteso come donare, donare cura, attenzione, disponibilità è un arricchimento meraviglioso per chi dona ed un lenimento speciale per chi soffre e riceve...


Dora Cinà Non accompagni nessuno alla morte, secondo me, ma è il morente che accompagna te verso la vita... io ho sperimentato questa \'stranezza\' perché chi moriva mi diceva come stava morendo e magari che chance ti lasciava per esserne all\'altezza... ma è un mio pensiero, non lo scrivo per \'insegnarlo\' ma per depositarlo ancora più fermamente nella mia memoria dell\'agonia.


Grazia Alia Io invece ho sperimentato il disagio di sentire il morente chiederti notizie sulla sua imminente morte e volere sapere da te come sarà e quando avverrà e ‘come’� c’è stato chi mi ha chiesto di essere tenuto per mano e chi di essere addormentato per non assistere alla propria fine� mi è capitato anche con gente più giovane di me! Come si risponde a chi ti chiede com’è la morte? Certe volte mi sono effettivamente sentita più “ricca” per avere la vita� certe altre, non so� è un discorso difficile�!

Dora Cinà E non è stato il suo \'chiedere\' che ti chiedeva ‘come’ continuare nella vita, proprio tu che ne disponevi ancora?


Grazia Alia Sì, forse era una richiesta di continuare nella vita di chi sapeva di essere sul punto di lasciarla questa vita... forse era una speranza di continuità... forse il contatto della mano era una speranza di continuità, di non abbandono... è difficile dirlo; è difficile decifrare i sentimenti di chi sa di essere alla fine della propria vita... certe volte ho visto paura, certe altre rassegnazione, altre ancora incredulità nello sguardo di chi ci sta lasciando.


Daniela Thomas Io amo Esiodo perché con i suoi miti a volte risponde alle domande senza risposta. Lui racconta come la Morte sia sorella del Sonno, della Tenerezza, del Giorno, delle Figlie della Sera.... è una famiglia ricca di sfumature quella della Morte ...

HANNO PARTECIPATO: Marilena Monti, Daniela Campomagnani, Pietro Franzone, Lu Agnello, Vannevar Morgan, Nunzia Ambrosino, Lorenza Spadini (Lo Spada), Tania Lazzaro, Grazia Alia.


(Per la Legge della privacy sono postati come hanno deciso di rappresentarsi)

 

When poets dreamed of angels. David Sylvian

http://www.youtube.com/watch?v=vY1itfRFcO0

 





Posted 16 July 2008 - 5:47pm by camphor

When Poets dreamed of angel by David Sylvian

She rises early from bed

Runs to the mirror

The bruises inflicted in moments of fury

He kneels beside her once more

Whispers a promise

“Next time I’ll break every bone in your body”

And the well-wishers let the devil in

And if the river ran dry they’d deny it happening

As the cardplayers deal their hands

From the bottom of the deck

Row upon row of feudal houses blow away

Medicine for the popular complaint

When the poets dreamed of angels

What did they see

History lined up in a flash at their backs

When the poets dreamed of angels

What did they see

The bishops and knights well placed to attack



Quando I Poeti Sognavano gli Angeli


Lei s\'alza presto dal letto

Corre allo specchio

I lividi causati in attimi di rabbia

Lui le s\'inginocchia accanto ancora una volta

Sussurra una promessa

\"La prossima volta ti spezzerò le ossa\"

E chi fa buoni propositi lascia entrare il diavolo

E se il fiume si prosciugasse direbbero che non è vero

Mentre i giocatori pescano le loro carte

Dal fondo del mazzo

Vicolo dopo vicolo le dimore feudali volano via

Rimedio al malcontento del popolo

Quando i poeti sognavano degli angeli

Che cosa vedevano?

La storia allineata in un lampo alle loro spalle

Quando i poeti sognavano degli angeli

Che cosa vedevano?

I vescovi ed i cavalieri pronti ad attaccare


 
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L’evoluzione della sensibilità e della resistenza agli antibiotici
Evolution in the antibiotic susceptibility and resistance

Stefania Stefani
Le Infezioni in Medicina, Supplemento 3/2009
Dipartimento di Scienze Microbiologiche, Università degli Studi di Catania



Soccorso extraospedaliero del paziente intossicato da CO
Medicina Subacquea e Iperbarica N. 2 - Giugno 2007 - 45

L. Cantadori, G. Vezzani



 
 
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