Nella stanza della cura, la relazione tra un corpo silenzioso e chi tenta di tradurre questo silenzio si dilata in un’attesa carica di domande.
Vogliamo immaginare che nel silenzio di quel corpo davanti a noi ci sia sempre “l’intenzione di fare ritorno”, tanto forte da essere percepita:
“Se io potessi aprire il mio petto per farvi vedere
come gli organi se ne stiano spaiati, uccelli acquatici
al colmo
di un tetto, come tutto il mio petto sia un campo aperto …”
(da: La vita chiara; Maria Grazia Calandrone)*
Vogliamo immaginare che quel corpo dal quale attendiamo risposte parli dal suo silenzio, che il silenzio sia solo una pausa del respiro e che la parola muta vibri, mentre attende d’essere liberata.
La parola cerca un’ apertura, come un derviscio cerca il passaggio, l’entrata che lo riporti al mondo. E mentre la parola attende una liberazione, tradurre il silenzio significa sostare sulla stessa soglia:
“E finché tu non verrai
io rimarrò alle soglie dei voli, dei sogni,
delle scie, immobile.
Perché so che là dove sono stato
né ali, né ruote, né vele
conducono.
Hanno tutte smarrito il cammino.
Perché so che là dove sono stato
si giunge solo
con te, attraverso di te.”
(da: La voce a te dovuta; Pedro Salinas)
Il nostro silenzio, davanti a quello dell'altro, “un paesaggio d’inverno immerso nel freddo” che ci interroga. Che cosa si prova in silenzio? Quanto possiamo sopportare l’assenza, la negazione dell’azione, la mancanza? Forse esplorando quel silenzio, provare a trasformarlo, intercettare in esso il tessuto emotivo di ogni incontro:
“Davanti a noi solo una costellazione di segni e di indizi un continuo trasfigurarsi della quiete apparente in un silenzio (...) riempire il vuoto, che è negazione, con il parlare dissennato di chi con la voce non smette di spiare gli occhi, d’un piccolo o di un vecchio, d’un altro. È il parlare inconsulto di chi usa la voce come fosse una leva per le palpebre chiuse (...) Un parlare sonoro, carico di toni e misure inventate, fantasiose, ataviche… Un parlare sostenuto dall’abbraccio.”
(da: L’aspetto orale della poesia; Ida Travi)
Le parole si sconnettono, lontane da ogni logica usata, si arrendono, l’assetto simbolico delle parole si disfa, lasciando vuoto lo spazio della comunicazione.
E nella mente di chi attende accadono più cose di quante in pratica nella stanza, gli spostamenti sono minimi, quasi impercettibili e tuttavia, nel caos dell’impossibilità di comunicare, ogni oggetto si carica di valore, così la stanza diventa un luogo di irradiamento simbolico.
“C’è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.”(...)
(da: Documento; Amelia Rosselli)
Esseri e oggetti instaurano una relazione nella quale gli oggetti assumono un valore affettivo di “presenza”. Come sottolinea Jean Baudrillard, nel saggio "Il sistema degli oggetti", la collocazione e la destinazione specifica delle cose all’interno di una stanza denota una particolare personalizzazione delle relazioni umane.
Quando le parole non riescono ad assolvere al loro compito, allora si attaccano al visibile, alla concretezza, a ciò che è materia del reale. Così, entra in gioco lo sguardo.
Il poemetto "I colori di precipizi" di Michelangelo Camelliti, offre come un diario di fatti minimi della stanza e dei suoi colori monocromatici, l’eccesso di luci e la misurazione di distanze e prospettive, dove lo spazio e la distanza diventano un tempo sospeso, senza misura, in una luce innaturale.
Nella prefazione di Maurizio Cucchi, si osserva come lo sguardo di Camelliti si posi sulla “consistenza disgregata delle cose”, un atto possibile, e forse necessario, alla ricerca di un senso, in un intreccio di verità e dolore fitto, nel quale le parole e i gesti abituali sono lontani ed estranei.
(…) gli ospedali sono fatti per pensare
sono stato lo specchio che soffre, dico.
Colori pochi, così non mi confondo
i muri uguali e gli armadi senza abiti. E poi lenzuola. Tante.
Tiepide dai muri si staccano le anime
sono lenti movimenti, la luce sparata
che arrossa i pomeriggi (…)
Le pareti erano vagamente più chiare
del pavimento
eri entrato in uno stato di calma totale
come se tutto fosse normale (…)
Eppure, ciò che si mostra come simbolo di un attaccamento alla vita, “un semplice inventario degli oggetti e delle situazioni”, non basta o, come scrive Italo Calvino sull’opera di Giorgio Caproni, “è poca cosa, mentre il resto è ciò che non è, che non è stato, che non sarà mai”.
In "Ritorno" di Caproni, leggiamo:
"Sono tornato là
dove non ero mai stato.
Nulla, da come non fu, è mutato.
Sul tavolo (sull’incerato
a quadretti) ammezzato
ho ritrovato il bicchiere mai riempito. Tutto
è ancora rimasto quale
mai l’avevo lasciato.”
Sembra proprio che quella intenzione di fare ritorno, con la quale avevamo iniziato questa breve riflessione, sia la possibilità di un nuovo esistere, ex-sistere - stare fuori e, dal fondo degli occhi chiusi, dopo una lunga emersione da un apparente nulla, vedere all’improvviso malgrado tutto, “un inno interiore di forza, fede e resistenza”.
Resta da chiedersi, come ci suggerisce Anna Maria Farabbi, se, in fondo,
“la potenza della poesia non sia altro che nella pratica quotidiana della resurrezione”.
*http://www.letteratura.rai.it/articoli/maria-grazia-calandrone-la-vita-chiara/13899/default.aspx
Testi citati e consultati
Baudrillard J., Il sistema degli oggetti, Bompiani, Milano 2003
Bousquet J., Tradotto dal silenzio, Marietti, Genova 1987
Calandrone M. G., La vita chiara, Transeuropea, Massa 2011
Calvino I., Il taciturno ciarliero (saggio), Mondadori, Milano 1995
Camelliti M., I colori dei precipizi, Lietocolle, Como 2011
Pavese C., Poesie, Einaudi, Torino 1967
Rosselli A., Documento, Garzanti, Milano 1976
Salinas P., La voce a te dovuta, Einaudi, Torino 1979
Travi I., L’aspetto orale della poesia, Moretti e Vitali, Bergamo 2007
G.Paternoster
Terapia Intensiva e Anestesia Cardiovascolare
Ospedale San Carlo Potenza
CARACT
2010 Pisa 17-19 Novembre
Bernardi L., Mazzon D., Bernard M. Et Alii
Evidence 2012; 4(3):e1000009
Numero (quasi) Interamente Dedicato alle T.I. Aperte.
Sul Blog i Contenuti particolareggiati
del Numero 22
Un Nostro Grazie a:
In Focus:
-dr. Alberto Giannini
-dott.sse Clara Suppa e Carlotta Montinaro
-dr. Sergio Li Vigni
per i loro articoli
In Racconti a Margine:
-Prof. Lucetta Fontanella e Alessandro Vitale-Brovarone
-“Il Guardiano”
-dott.ssa Sally Calva
per i loro racconti
In Out of Border:
-A Emilia Maggiordomo e
Laura Costa
per la Sezione Dedicata
alla Poesia
di cui sono le Curatrici
In Technè
-dott.ssa Daniela Moggi
-dr. Lucio Sarno
In Graffiti:
-A Kjeti Karlsen
per le sue Fotografie
Ai nostri infaticabili:
-Ugo Sottile per la Musica,
-Andrea Cracchiolo e Daniela Palma
per Student Corner
-i Nurses Educator Ismett di Palermo
per la rubrica Nurse Science,
da loro curata.
-Ad Antonio Corrado
per la sua vignetta.
Fonti Numero 22 Ottobre 2012:
Si ringraziano altresì:
-Ospedaleaperto.com
-Assessorato Salute Reg.
Emilia Romagna
-La Rivista Janus
-Scenario/Aniarti
-IL Giornale Italiano di Medicina
del Lavoro Ergonomia PI-ME,
Pavia ISSN 1592-7830
http://gimle.fsm.it
- Nottidiguardia.it
-Sole 24 Ore Salute
-www.regione.Toscana.it
-Biomed Central Open Acces
http://www.biomedcentral.com/
-Evidence
www.evidence.it
Aggiornato al: 16 Ottobre 2012