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Music

“The Golden Arcipelago”

  Titolo: “The Golden Arcipelago” Autore: Shearwater Anno/Editore: 2010 Matador Video: Guarda il video Allegato: Scarica Allegato

Recensione a cura di Ugo Sottile

Nascono dalla costola degli Okkervil River nell’area di Austin Texas, dopo l’esordio con l’interessante “Palo Santo” del 2006 e “Rook” del 2008 con splendidi brani come “The Snow Leopard”, “I Was a Cloud”, “Hunter’s Star”; la voce sinuosa di Johnathan Meiburg continua ad incuriosirci con le sue articolate ed intense visioni naturistiche, “The Golden Arcipelago” di fatto chiude la cosiddetta trilogia marina, l’album sembra legato da una scia acquatica che unisce come un filo conduttore il nome del gruppo, shearwater è infatti un uccello acquatico (berta marina), il titolo e buona parte dell’ambientazione dell’album, esplora la  bellezza a tratti devastante di una vita vissuta ai margini del mondo su isole perse nelle acque di oceani immaginari, lontano dalle città prigione dove cubi sovrapposti di cemento armato formano città e le autostrade sono le nere cicatrici residuo di ferite infette che gli umani hanno inferto alla terra; Johnatan Meiburg sembra un alieno nei panni di un novello Prometeo venuto da spazi siderali a recarci nuovamente in dono il fuoco per riscaldarci e nello stesso tempo latore di un ultimo avvertimento, smettere di violentare la terra, prima che l’irreparabile fine abbia inizio. L’album si apre con un coro polinesiano che fa da intro alla bellissima “Meridian” piena di mille piccoli segreti nascosti nelle venature della voce dell’artista che si impegna in un delicato falsetto per niente stucchevole, “Black Eyes” e “Corridors” hanno un tono imperioso, decisamente ad impronta rock la prima mentre nella seconda le laceranti chitarre distorte sono mescolate al progressive, in “Landscape at Speed” il ritmo elegante e raffinato viene scandito dall’uso del drumming che pulsa come un cuore, “Hidden Lake” con il suono delle glokenspiel che evoca ricordi della Grande Muraglia Cinese, in “God Made Me” la lirica si riapre all’astrazione poetica degna del miglior folk completo di chitarre tributo diviso fra Steve Howe e Steve Hackett e tastiere degne di Tony Banks, “Runners of the Sun” veleggia agile e leggera nel mare della tranquillità sospinta dal vento della nostalgia, “Castaways” sembra un canto disperato di naufraghi che gioca in modo magistrale fra  bassi e acuti, quindi la splendida “An Insular Life” introdotta dal rumore ovattato di un vecchio peschereccio che attracca nella foschia nel piccolo molo di un’isola senza nome che neanche compare sulle carte marine, quasi un inno alla vita lontano dalle alienazioni del mondo civilizzato, segue “Uniforms” con inizio greve voce narratrice e contrappunto di tastiere che recitano in modo minimale la stessa nota all’infinito, “Missing Islands” è l’epilogo dell’Arcipelago d’oro, poco più di due minuti per uno splendido addio. Sempre nel 2010 gli Shearwater hanno registrato uno strano album strumentale fra l’ambient e lo sperimentale elettronico, ideale colonna sonora di un film mai girato dove la musica scorre senza pause come in una suite, “Shearwater is Enron” è il titolo dell’album e contiene estratti di un tour dove si esibivano appunto con lo pseudonimo “Enron”; nel 2011 invece è uscito ”The Island Arc Live” che raccoglie parte di un lungo concerto durato circa tre ore dove riesploravano in maniera alternativa la sopracitata trilogia marina con momenti acustici di grandissima intensità e rara bellezza come in ”I Was a Cloud” e “The Hunter’s Star”, con il loro ultimo lavoro “Animal Joy” del 2012: il  suono è diventato  più ruvido, l’effetto è quello di un rock più corposo le ritmiche sono diventate più veloci ed il suono è più immediato, traspare un distacco dalla cerebralità degli album precedenti ma l’intensità espressiva rimane sempre a  livelli superlativi.


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Aggiornato al: 20 Dicembre 2012



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